Avete mai guardato un episodio di un anime gratis su siti “molto generosi”? Letto un manga scansionato in lingua originale prima che uscisse nelle edicole e nelle fumetterie? Be’, allora sappiate che in un futuro non troppo lontano potreste mettere a rischio la vostra connessione a internet.
Non stiamo parlando di una trama distopica in stile Black Mirror, ma di una battaglia legale vera che sembra essere in corso negli Stati Uniti e che coinvolge alcuni dei giganti dell’intrattenimento mondiale.
Il caso Grande (di nome e di fatto)
Tutto parte da una causa legale intentata da colossi come Universal Music Group e Capitol Records contro Grande Communications, un provider internet texano. L’accusa? Grande avrebbe ignorato ripetute segnalazioni di pirateria e non avrebbe disconnesso gli utenti colpevoli.
Se i detentori dei diritti premono dicendo: “Se non li punite voi, allora siete complici”, Grande con un distaccato “Noi vendiamo accessi a internet, non facciamo mica gli sceriffi digitali.”
Insomma, il caso ruota attorno a una domanda bella tosta: gli ISP (Internet Service Providers) devono fungere anche da vigilanti del copyright?
Ma cosa c’entrano gli anime?
Molte altre major interessate alla cosa hanno un ruolo da protagoniste nel mercato degli anime. Un esempio fra tutti è Sony Music, che possiede Aniplex e Crunchyroll (il paradiso streaming degli appassionati di anime). Anche se Sony non è coinvolta in alcun titolo in questa causa, ha già espresso pubblicamente il suo appoggio a politiche più severe contro la pirateria, inclusa la sospensione dell’accesso a internet.
Quindi sì: se fruite di contenuti digitali (di qualsiasi forma) in maniera “inappropriata” potreste essere il bersagli di severe azioni da parte dei legittimi proprietari di quei contenuti.
Internet: un diritto fondamentale o lusso solo per chi può pagare tutto?
A quanto pare Grande non ci sta e sta portando la questione davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Per la società non si può interrompere la connessione a internet di una persona solo perché qualcuno manda un’email dicendo che utilizzano siti pirata.
Come il famoso “sgabello da mungitura” di Sheldon, la difesa di Grande poggia su tre colonne fondamentali, sollevando obiezioni che fanno riflettere:
Le segnalazioni di violazione del copyright possono essere sbagliate.
Se in una casa ci sono più utenti connessi, come si stabilisce chi ha fatto cosa?
Senza internet oggi non si lavora, non si studia, non si fa la spesa. Quindi disconnettere una persona è una vera condanna sociale perché, al giorno d’oggi, internet è un servizio essenziale come l’elettricità, l’acqua corrente e il gas.
Allora, cosa potrebbe accadere?
Se la Corte Suprema decidesse di stare dalla parte delle major musicali, potremmo trovarci in un mondo dove l’ISP potrebbe interrompere la connessione da un momento all’altro senza preavviso. Arriva una segnalazione e, taaac, si è offline in barba a smart working, lezioni online o streaming su Netflix.
E se il mondo del mercato musicale legale riuscirà a contrastare la pirateria, gli altri media seguiranno a ruota: anime, manga, fumetti digitali, film, videogiochi e tutto il resto.
Insomma, il caso Grande vs. le major musciali a stelle e strisce potrebbe rappresentare una svolta storica per i diritti digitali, con la Corte Suprema che si prenderà l’onere della decisione (più o meno) definitiva.