Bitcoin: cosa sono, come funzionano, come cambiano la nostra vita

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Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di Bitcoin.

Questo termine ormai ci insegue sui social, compare nei telegiornali e sembra imporsi come un vero trend topic all’interno delle discussioni più interessanti in termini di economia.

La vera domanda è però una sola: cosa sappiamo realmente dei bitcoin?

Il primo passo è quello di andare all’origine dei bitcoin. La prima apparizione della criptovaluta del momento è del 2009, quando viene creata da Wright Satoshi Nakamoto, pseudonimo di una persona tutt’oggi ignota.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul tema caldo del periodo: i bitcoins

Dalla prima comparsa di questo misterioso individuo e della sua moneta, si sono fatte le speculazioni più azzardate su chi si celi dietro questa identità.

Per alcuni si tratta nientemeno che di Elon Musk, il celebre futurista ed inventore, che ha però smentito la paternità dei bitcoin. Per la BBC il creatore della moneta digitale sarebbe Craig Wright, imprenditore dalla dubbia moralità e con un burrascoso passato con il fisco, mentre le autorità giapponesi identificano nel francese Mark Karpelès il sospettato numero uno per la creazione dei bitcoin.

Quest’ultimo sembra esser il più accreditato tra gli indiziati, vista l’accusa mossa dalla polizia del Giappone a Kerpelès di aver causato il tracollo della piattaforma di scambio MtGox, usando degli accessi illegali al sistema, spostando grosse quantità di bitcoin su conti personali.

L’identità di Nakamoto è uno dei segreti meglio custoditi di questi anni. L’anonimato è una necessità del creatore dei bitcoins, visto che le autorità mondiali sarebbero molto interessate a sapere dal diretto interessato che fine abbia fatto il suo fondo fiduciario offshore “Tulip Trust“, in cui la leggenda vuole che Nakamoto abbia versato qualcosa come un milione di bitcoin, che convertiti ora frutterebbero qualcosa come un miliardo di dollari. E i dollari sono moneta reale.

Ma finora si è parlato di bitcoin solo riferito al mondo di uno e zeri tipico dell’informatica. Non si potrebbe usare la fisicità di questa valuta? Ecco il nocciolo del problema. I bitcoins non esistono. O meglio, non hanno una possibilità di usati per pagamenti fisici, motivo per cui sono ancora non riconosciuti come valuta utilizzabile negli Stati di tutto il mondo.

Anzi, alcune nazioni invitano a non farsi tentare da questa moneta digitale avvisando dei pericoli che può rappresentare, come ha fatto l’Autority britannica. Questo non significa che non possano essere utilizzati. Le transazioni effettuate con questa criptovaluta hanno valenza legale, non sono illegali, ma non sono tutelate da alcuna legislazione. In pratica, se venite truffati, non potete chiedere ad un tribunale di intervenire a vostra difesa.

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Contrariamente alle valute classiche, i bitcoin per la loro emissione non si appoggiano ad una banca centrale, come ci si aspetta da una criptovaluta. Questo termine indica quelle valute paritarie utilizzate come sistema monetario digitale, che sfruttando la crittografia nelle operazioni in cui vengono usate, cosa che dovrebbe garantire la sicurezza delle transazioni.

Al centro della diffusione di queste criptovalute c’è il protocollo Peer-to-peer (P2P), lo stesso sistema che molti di noi usano quotidianamente per scaricare film, musica e quant’altro dalla rete. Su questa rete P2P sono allacciati appositi PC in sui sono installati programmi che controllano l’utilizzo della criptovaluta in questione, facendo da portafogli. Questa modalità implica l’assenza di un controllo da parte di un organo centrale.

Nel caso dei bitcoin, sappiamo che seguendo l’iter delle criptovalute questa moneta digitale ha un tetto di emissione: 21 milioni di unità, che stando agli attuali standard produttivi sarà raggiunto nel 2140. Ogni bitcoin prodotto è legato ad un proprietario, in modo da non esser spendibile in più di un’occasione, e registrato all’interno di un database condiviso dalla rete P2P su cui si appoggiano i bitcoin.

Anche se si certifica l’anonimato usando i bitcoin, in realtà questa possibilità non è reale. Tutte le transazioni di bitcoin sono salvate e considerate pubbliche, quindi chiunque faccia parte di questa community può consultare, risalendo al Bitcoin Address di chi ha effettuato le operazioni.

La domanda che in questi giorni mi ha assillato è stata una: ma non esistendo fisicamente ed essendo alla fin fine dei numeri su internet, come si possono acquisire dei bitcoins?

Esiste un’applicazione chiamata Wallet che va installata sul nostro computer e che ci inserisce all’interno della rete P2P. Una volta avviato il Wallet avremo un codice personale di svariate cifre (Bitcoin Address) utile per tenere traccia di ogni transazione e certificare il possesso dei nostri bitcoins. Il wallet vero e proprio non è altro che il nostro portafoglio, il contenitore dei nostri bitcoins che può essere associato a tutti i Bitcoin Adress che generiamo (possibilità comunque regolate).

L’ottenimento dei Bitcoin viene definita attività di mining. E qui entriamo nel vivo dei bitcoin.

La prima fase consiste nell’entrare in una squadra, un Pool. Si tratta di una sorta di consorzio di risorse, in cui la risorsa è il nostro PC, o meglio la sua potenza di calcolo con particolare attenzione alle GPU. Per accedere ad una certa quantità di bitcoin, infatti, bisogna risolvere le crittografie relative alla moneta digitale. Se state pensando di farlo da soli, mi spiace comunicarvi che nessun PC potrebbe risolvere queste operazioni in autonomia, rendendo necessario il Pool. Quando il nostro Pool riesce a risolvere la crittografia viene premiato con uno o più blocchi di 50 bitcoin, che vengono ripartiti tra i membri del Pool, in proporzione alle risorse messe a disposizione. La potenza di calcolo richiesta ha anche portato alla comparsa di una gigantesca richieste di schede video, utilizzate nel mining, che ha avuto la conseguenza di generare una scarsità di GPU e l’impennarsi dei prezzi delle suddette.

Questa pratica ha fatto insorgere anche gli ambientalisti. Se vi sembra assurdo provate ad immaginare per quanto tempo una persona intenzionata a lucrare sui bitcoins lascia acceso il proprio PC per sostenere il proprio Pool. A questo, aggiungete che lo stesso miner sarà propenso a dotare la propria macchina di una configurazione il più potente possibile, per massimizzare non solo la potenzialità del Pool di appartenenza, ma anche la quota di risorsa di calcolo offerta per ottenere la fetta di bitcoin più alta possibile. Tutto questo si traduce in un consumo sempre più alto di energia elettrica, che ha un forte impatto ambientale.

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Come tutte le rivoluzioni, anche il bitcoin spaventa l’ordine costituito. Da un lato se ne possono apprezzare pregi come il rischio di inflazione pari a 0, o la disponibilità immediata in qualunque momento. Soprattutto, essendo slegato dal controllo di una banca centrale nazionale, riconduce la proprietà della moneta alla cittadinanza, potenzialmente sottraendosi al meccanismo del debito pubblico. Quindi è la moneta perfetta?

Decisamente no. Questa sua libertà dai circuiti classici di circolazione della moneta, rende il bitcoin anche libero da qualsivoglia controllo legale. Le transazioni in bitcoin, come abbiamo visto, non sono riconducibili a entità fisiche, ma a un Bitcoin Adress, figura legale non contemplata in nessun ordinamento giuridico.

Vi lascio immaginare, poi, la questione delle competenze territoriali, non essendo contemplato un foro competente per le vertenze. Questo limite è la conseguenza della natura stessa del bitcoin: prodotto da singoli individui, usato per il P2P e per qualsiasi tipo di transazione.

Nella congiuntura sociale in cui siamo oggi, una valuta del genere diventa lo strumento perfetto per effettuare transazioni poco lecite. Il bitcoin è stato già al centro di transazioni legate alla criminalità ed al terrorismo internazionale. Si tratta di una moneta che fa della sua estrema libertà un punto di forza, ma che al contempo patisce la stessa in termini di sicurezza e vigilanza. Senza contare che il valore del bitcoins, per quanto attualmente al rialzo e privo del rischio dell’inflazione, è troppo fluttuante, una caratteristica che lo priva di garanzie in termini di stabilità.

Questo non significa che non si possa studiare al meglio la potenzialità dei bitcoins, strutturando una nuova legislazione in materia che faciliti una convivenza tra la criptovaluta e le monete tradizionali. Personalmente, al momento il dubbio maggiore è legato alla modalità di acquisizione della criptovaluta in oggetto.

La pratica del mining mi sembra poco etica e ugualitaria, per una moneta che è stata definita dall’economista russo Max Keiserla moneta della resistenza“. Il mining potrebbe favorire Pool che possono investire maggiormente nella creazione di postazioni informatiche performanti, creando un potenziale svantaggio nei confronti di Pool, ad esempio, di privati cittadini che non possono investire denaro per PC capaci di raggiungere alte capacità di calcolo per risolvere rapidamente le crittografie. Volendo espandere il discorso, mi chiedo come la produzione di bitcoins possa essere influenzata dalla recente rivoluzione sulla net neutrality in America. Una nuova variante di questa equazione che non escluderei a priori.

Naturalmente, la questione dei bitcoins è tutt’altro che risolta, siamo appena agli inizi.

Quello che al momento nella maggior parte delle conversazioni sembra essere una semplice questione informatica e di ‘moda’, se mi passate il termine, si presenta potenzialmente come una rivoluzione nel mondo dell’economia.