Lun 28 Aprile, 2025

Le News della settimana

spot_img

Potrebbe interessarti

Indiana Jones e il Quadrante del Destino, il tempo passa anche per Indy – Recensione

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è il quinto e ultimo (si spera) capitolo della saga iniziata da Spielberg e Lucas nel 1981 con I Predatori dell’Arca Perduta, arrivato a distanza di 15 anni dall’ultimo discusso capitolo, Indiana Jones e il regno del Teschio di Cristallo.

Approdato ormai all’età di 82 anni, il buon vecchio Harrison Ford torna ad indossare cappello e frusta d’ordinanza, pronto a tirare pugni e stendere nazisti, correndo, saltando e urlando. Se non avete problemi a credere che un ottuagenario sia in grado di fare tutto ciò, allora potreste anche trovarvi di fronte a due ore e venti di leggero intrattenimento.

La recensione di Indiana Jones e il Quadrante del Destino

Togliamo subito di mezzo l’elefante dalla stanza, questo quinto capitolo non è nemmeno avvicinabile ai primi tre film della saga, se mai il confronto si può fare con il tanto criticato e detestato Indiana Jones e Il Regno del teschio di Cristallo.

Possiamo dire che questo quinto capitolo è leggermente meglio del quarto, anche solo per il fatto che in Indiana Jones e il Quadrante del Destino manca una delle cose più detestate del suo predecessore: Shia LeBeuf.

Il figlio di Indy e Marion (Karen Allen), Matt, viene tolto di scena semplicemente facendolo morire in guerra, fuori campo, l’unica sua immagine è una fotografia in bianco e nero che vediamo di sfuggita all’inizio della pellicola nell’appartamento del professor Jones. Solo a Kevin Spacey in House of Cards era stato riservato un trattamento simile.

Levato di mezzo l’odioso figlio, quello che ci viene mostrato è un Harry Jones jr, vecchio stanco e anche leggermente alcolizzato. Siamo nel 1969, l’anno dell’allunaggio, ma per uno che ha bevuto il sangue di Khali, tenuto in mano il sacro Graal, sfidato l’Arca dell’Alleanza e visto pure gli alieni, pare ovvio che l’evento che tiene tutti incollati agli schermi non desti alcun interesse.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino Harrison Ford

Il Quadrante del Destino, in breve

Il film inizia nel 1945, dove un più giovane Indiana Jone è alle prese ancora con i nazisti e il tentativo di trafugare il Meccanismo di Antikythera, invenzione di Archimede, conosciuto anche come Quadrante del destino. In compagnia di un nuovo aiutante, Basil Shaw, Indy riesce come sempre a fregare i nazisti e riportare a casa il quadrante.

Passati negli anni ’60, Indiana Jones è un professore appena andato in pensione che incontra la figlia di Basil dopo molti anni, Helena, che coinvolge il pensionato alla caccia della parte mancante del meccanismo.

Nel frattempo il nazista che negli anni ’40 cercava di trafugare l’Antikythera, è sopravvissuto diventando un collaboratore nella Nasa ma resta un nazista in fondo al cuore. Anche lui si lancerà all’inseguimento del meccanismo di Archimede, e di conseguenza sulle tracce di Indiana Jones.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino

Da Spielberg a Mangold, passando per un giovane Indy

Raccogliere l’eredità di Spielberg è un fardello che in pochi sarebbero disposti a portare. James Mangold, si è assunto la responsabilità un po’ citando l’illustre predecessore e un po’ mettendoci del suo. A parte qualche scena d’azione girata al buio, per coprire il deepfake su Ford, il regista americano se la cava piuttosto bene, dimostrando di essere una scelta azzeccata come successore di Spielberg.

Se con la regia di Mangold ce la siamo cavata, qualche remora in più c’è sulla sceneggiatura. E non poteva essere altrimenti dato che lo script di Indiana Jones e il Quadrante del Destino è passato tra la penna di cinque autori diversi, compreso lo stesso Mangold, subendo diverse riscritture. A volte, si ha la sensazione infatti che certe svolte di trama siano incastrate nello script a forza, un po’ come faceva Indiana Jones nell’Ultima Crociata quando sfondava il pavimento di una biblioteca, “coperto” dal rumore di un timbro.

Come già raccontato, l’incipit del film vede un Indiana Jones intorno ai 40 anni, fermare i nazisti a bordo di un treno. Harrison Ford in versione quarant’enne è ovviamente ricreato con la tecnica del deaging. Personalmente, l’effetto che ne esce è altamente straniante. Il volto di Indy è del tutto innaturale e sfido chiunque a trovarlo credibile.

Come se non bastasse, a rendere il tutto ancora più bizzarro è l’idea del direttore del doppiaggio italiano. Lo storico doppiatore di Harrison Ford, Michele Gammino, che è stata la voce di Indiana Jones in tutti i film, eccetto Il Tempio Maledetto, (dove era doppiato da Gino La Monica) è quasi coetaneo dell’attore americano, quindi calza a pennello anche per Il Quadrante del Destino. Non si capisce bene per quale motivo, ma quando vediamo il professor Jones in versione quarant’enne, il doppiatore cambia, affidando la voce di Indy a Roberto Gammino, figlio di Michele, il che rende il tutto ancora più straniante.

È un peccato, perché Mangold, nei primi venti minuti di film, ce la mette tutta per recuperare le atmosfere dei vecchi film, e in alcuni momenti ci riesce anche bene, peccato poi che arrivi il finto faccione di Ford a rovinare tutto.

Indiana Jones e la Ruota del Destino

Il tempo che passa

Al centro di Indiana Jones e il Quadrante del Destino c’è l’inesorabile scorrere del tempo. Lo stesso oggetto da recuperare, il quadrante. ha a che fare con il tempo ma in che modo lo scoprirete guardando il film.

Anche per Indy il tempo passa inesorabile, lasciando addosso scorie e ferite non rimarginabili. È evidente come negli anni ’60, Indiana Jones si senta fuori posto, invecchiato non proprio nel migliore dei modi.

L’invecchiamento si riflette anche sui film, se nei primi tre capitoli le idee erano nuove e innovative, ora è tutto per forza di cose già visto.

Certo, rivisto oggi Indiana Jones e l’Ultima Crociata è ancora un indimenticabile capolavoro, mentre questo e il Regno del teschio di Cristallo verranno probabilmente dimenticati in fretta.

 

Essere Indiana Jones a 82 anni

Harrison Ford si impegna tantissimo, anche perché a differenza di quanto fatto con Han Solo, si vede che è legato al suo iconico personaggio. Certo, essere Indiana Jones con tutto quello che ne consegue a 82 anni non è una passeggiata e a volte si legge la fatica sul volto, e nel fisico, dell’attore.

È l’ultima volta che indossa l’iconico costume da Indiana Jones, e ce la mette tutta per render la sua interpretazione indimenticabile.

Harrison Ford resterà per sempre legato al personaggio, e pensare a chiunque altro al suo posto è un’eresia, con buona pace di Tom Selleck, prima scelta di Spielberg e Lucas per il ruolo, che rifiutò per dedicarsi a Magnum P.I.

Indiana Jones 5

Spalle, Villain e camei

Il resto del cast vede Phoebe Waller Bridge come Helena Shaw, figlioccia di Indy, che ha smarrito la strada, visto che è una ladra e trafficante di reliquie antiche. La Bridge è brava nel ruolo di spalla di Indy e a volte sembra volere rubare la scena al professore, accompagnata dalla nuova versione di Shorty, Teddy, interpretato da Ethann Isidore.

Il nazista di turno invece ha le fattezze di Mads Mikkelsen, anche lui ringiovanito male nei primi minuti di film. Il suo Jürgen Voller è il tipico nazista dei film di Indiana Jones, poco caratterizzato e spinto solo dalla voglia di compiacere il Führer (anche se poi cambierà idea) ma, del resto, già il fatto di essere nazista basta a far capire il perché uno è cattivo.

Tra le guest star di Indiana Jones e il Quadrante del Destino ci sono Toby Jones, nel ruolo di Basil Shaw, amico di Indy e padre di Helena, il ritorno dal solo scopo nostalgico di John Ryes-Davies nel ruolo di Sallah, e l’ancor più inutile cameo di Antonio Banderas che appare in scena come un altro vecchio amico di Indy e poi viene “sparato” dal cattivo in un lasso di tempo molto breve. Non si capisce il motivo di questo cameo, dato che è inutile ai fini della trama (Indiana Jones e soci potevano tranquillamente immergersi senza l’aiuto di Banderas), e dura anche poco.

Indiana Jones 5

Indiana Jones e la fine di un’era

Non vi sveliamo il finale, ma sicuramente quello che si vede sul grande schermo è abbastanza divisivo. Si va molto “oltre” e non tutti lo possono digerire. C’è anche un tentativo di rievocare l’incontro di Indy con il cavaliere della tavola rotonda visto in Indiana Jones e L’ultima Crociata, ma manca di tutta quella solennità del film di Spielberg.

La saga di Indiana Jones sembra quindi essere stancamente giunta al termine, vista anche la non incoraggiante risposta del pubblico.

Possiamo essere certi che siamo al passo d’addio per Harrison Ford, che potrà finalmente appendere il cappello al chiodo e lasciare la frusta a qualcun’altra.

Per citare proprio il professor Henry Jones Jr, per quello che sono stati i primi tre film, e per quello che sono i successivi due capitoli, viene da pensare che questa saga dovrebbe stare in un museo.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino
L'ultima avventura del Dottor Jones è un operazione nostalgia che tenta di rievocare i primi film, ma senza riuscirci a pieno. Si salva grazie al suo interprete a tratti commovente.
Pro
Harrison Ford ce la mette tutta per salutare il suo iconico personaggio
James Mangold abile a recuperare certe atmosfere dei primi film
Quando partono le note di John Williams è impossibile non sentire un brivido
Contro
Il ringiovanimento digitale di Ford è parecchio fastidioso
Uno script che risulta a volta forzato, a dimostrazione della varie riscritture
Un' operazione nostalgia che è faticosamente giunta al termine
6.2
Voto Finale