Tau, su Netflix sfida tra mente umana e intelligenza artificiale

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Il rapporto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale è uno dei temi più cari alla fantascienza, un confronto che in questi ultimi anni sta prendendo sempre più corpo, arrivando a coinvolgere anche futuristi del calibro di Elon Musk. Inevitabilmente, anche nel mondo del cinema questo tema ha avuto la sua bella dose di considerazione, arrivando anche su Netflix, che a fine giugno ha inserito in programmazione Tau.

Netflix è un gigante che dopo un’iniziale dimostrazione di forza sta iniziando a mostrare una debolezza inattesa. La necessità di fornire costanti novità ai proprio sottoscrittori è divenuta il punto critico del servizio di digital streaming.

Tau, produzione originale Netflix, mostra nuovamente le debolezze del canale streaming

La qualità difficilmente va a braccetto con la quantità, e nemmeno Netflix riesce a sottrarsi a questo assioma. Tau è l’ennesimo prodotto mediocre che viene dato in pasto agli abbonati Netflix, che se hanno potuto divertisti con la seconda stagione di Glow, hanno anche dovuto storcere la bocca con prodotti come Cargo o il finale di Sens8.

Eppure su Tau avevo parecchie aspettative. In primis, perché la regia è firmata da Federico d’Alessandro. Dal supervisore artistico di film del Marvel Cinematic Universe (Captain America: Winter Soldier, Ant-Man e Doctor Strange) mi sarei aspettato una regia ispirata, ma soprattutto una storia ben strutturata. Insomma, hai preso parte ad alcune delle produzioni più interessanti degli ultimi anni, avrai imparato qualcosa?

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No, parrebbe di no. Tau è l’ennesima delusione di Netflix, che sembra mancare di senso critico nello scegliere su cosa puntare. Sia chiaro, i gusti sono gusti, parlando di film si deve sempre considerare l’impatto emotivo che è estremamente soggettivo, ma alcuni aspetti sono universali, da lì non si scappa.

La storia, nei suoi primi istanti, è ingannevolmente promettente.

La ladra Julia (Maika Monroe) viene catturata da un misterioso rapitore, ritrovandosi in una casa dal look futuristico assieme ad altre due vittime. Nel tentativo di fuga, si scontra con un robot guidato da Tau, un’intelligenza artificiale, progettata dallo scienziato Alex (Ed Skein). Unica sopravvissuta del terzetto, Julia diventerà il soggetto di un esperimento sull’integrazione delle IA, diventando anche protagonista di un confronto con Tau, con in palio la sua sopravvivenza.

Dopo un’iniziale tensione narrativa, il ritmo del film perde di mordente. Questo punto negativo di Tau non è dovuto tanto alla mancanza d’azione, quanto alla poca cura nella caratterizzazione dei personaggi, che appaiono incredibilmente piatti.

Il confronto Julia-Tau, il cuore della storia, sembra sempre sul punto di approfondirsi, di prendere quella piega giusta che faccia breccia nell’animo dello spettatore, ma si ferma sempre prima dell’ultimo passo. La voce artificiale di Tau ( in originale doppiato da quel mostro sacro di Gary Oldman) risulta più appassionante della recitazione della Monroe, a tratti apatica, quasi fosse lì per caso più che per convinzione.

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In una storia come questa, che si basa su prigionia e tensione continua, i punti narrativi da enfatizare risultano assenti, come se la sceneggiatura fosse stata trascurata.

La durata del film avrebbe ampiamente consentito di dare maggior spazio alla costruzione dei personaggi, che sono solo tre: Julia, Alex e Tau. Eppure, abbiamo su schermo tre volti anonimi, specialmente Alex, che manca completamente di profondità, mentre una maggiore definizione avrebbe consentito di caricare emotivamente il suo ruolo. Aggiungiamoci un Ed Skein decisamente fuori personaggio ed il gioco è (dis)fatto.

Peccato, perché visivamente D’Alessandro è convincente. La casa-prigione è ben ideata, ha il giusto look futuristico che convince lo spettatore di essere in un futuro incredibilmente prossimo, aiutandolo a farsi coinvolgere dalla storia, almeno sulla carta.

Il design di Tau sembra un’evoluzione dell’occhio rosso di Hal9000, ma riesce comunque a dare vivacità a quella che è, sostanzialmente, una voce fuori campo.

Per Netflix, Tau dovrebbe essere un rimorso. Potenzialmente, aveva tra le mani una storia capace di esser emozionante e di affrontare un tema interessante ed attuale, ma ogni buona intenzione è stata sacrificata in nome della necessità di contenuti, che ha così dato vita ad un film a tratti imbarazzante per la sua apatica realizzazione.