Monaco: Robert Harris racconta le vicende umane dietro gli avvenimenti del 1938 – Recensione

Di Veronica Maramonte 8 Min di lettura

Dovremmo sempre essere consapevoli che ciò che oggi appartiene al passato un tempo stava nel futuro – F.W. Maitland

Con questa citazione si apre Monaco, l’ultimo libro di Robert Harris, scrittore inglese autore di Fatherland, romanzo giallo ucronico, pubblicato da Mondadori.

Proprio come in Fatherland, Harris torna sull’argomento della Seconda Guerra Mondiale.

Questa volta però l’autore non ci racconta un futuro possibile, bensì le vicende di un avvenimento realmente accaduto, anche se spesso dimenticato: il trattato di Monaco del 1938.

A questa conferenza, tenutasi circa un anno prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, parteciparono Italia, Germania, Inghilterra e Francia per stipulare l’accordo che portò all’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello stato tedesco.

Lo scrittore di Monaco è un Harris decisamente meno romanzesco e più saggista rispetto a quello che siamo abituati a conoscere, ma è una volontà espressa anche dall’autore stesso a fine libro.

Infatti, Robert Harris aveva già realizzato God Bless You, Mr Chamberlain, un documentario per la BBC sul trattato di Monaco e l’importante figura del premier britannico Chamberlain, colui che firmò il trattato insieme a Mussolini, Hitler e il Primo Ministro francese Daladier.

Monaco, edito da Mondadori, è un romanzo di fatti e persone: le vicende personali dei protagonisti, anche delle personalità più importanti, si legano e si intrecciano come tanti fili all’interno dell’enorme mosaico dei fatti storici.

Un romanzo capace di far sentire quanto le scelte dei singoli possano aver peso nei grandi mutamenti della storia.

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Monaco: un sospiro di sollievo per una guerra (quasi) mancata

Monaco racconta le vicende di due ragazzi: Hugh Legat, astro nascente del servizio diplomatico britannico, e Paul von Hartmann, dello staff del ministero degli Esteri tedesco. Due realtà così apparentemente diverse eppure mai così vicine.

Paul fa parte, in segreto, di un gruppo di cospiratori anti-Hitler che non vogliono la guerra, consci del fatto che un conflitto potrebbe portare all’annientamento della Germania. I cospiratori, facenti parte di diverse sezioni del governo tedesco, credono di poter porre fine all’operato di Hitler in un unico modo: uccidendo il Führer.

Come si può immaginare l’azione non è delle più semplici, soprattutto quando ci si muove sul pericoloso scacchiere delle vicende politiche che anticiparono la Seconda Guerra Mondiale.

Legat, invece, vive cercando di avanzare nella sua carriera da diplomatico e col costante terrore dell’inizio di una nuova guerra, brutalmente viva nelle preoccupazioni della gente, tanto che la moglie di Hugh decide di acquistare due piccole maschere antigas per i loro figli.

Paul e Hugh sono stati compagni di studi a Oxford, ma avevano troncato i rapporti d’amicizia. Saranno le macro-vicende storiche a riunirli, chissà come e chissà perché, in uno scenario in cui le azioni dei singoli uomini hanno tessuto i fili della politica europea e mondiale.

Forse che si palesi, letterariamente parlando, la possibilità della prematura morte di Hitler?

No. Questa volta il romanzo di Harris non è un’ucronia e non ci sono i rivolgimenti storici del tipo “cosa sarebbe successo se…?”.

Nella sua ultima fatica letteraria, Harris non stravolge la storia, ma analizza le vicende e i sentimenti umani all’approssimarsi di una guerra mondiale che sembra ormai inevitabile.

Una situazione di ansia e fiato sospeso, in cui i personaggi sembrano essere inermi di fronte alle ideologie dominanti, ma soprattutto di fronte al desiderio di guerra di Hitler.

In Monaco c’è la rappresentazione di intere popolazioni che non vogliono la guerra, memori dei morti e delle tragedie del passato. C’è una condivisa voglia di pace e un diffuso grido di serenità che noi sappiamo già che non verranno né ascoltati né accolti. Nel romanzo non vi sono ancora gli orrori della guerra, ma vi sono tutte le terribili anticipazioni del mondo che verrà: antisemitismo, campi di concentramento, esecuzioni e torture.

Anche se le vicende del romanzo ruotano attorno ai personaggi inventati di Hugh Legat e Paul Hartmann, si può dire che il vero protagonista del romanzo sia Neville Chamberlain, il Primo Ministro del Regno Unito.

Uno dei meriti di Harris è quello di dare voce a questo personaggio storico inglese spesso oscurato dalla figura di Winston Churchill.

Su Chamberlain pesa un giudizio storico non sempre positivo, dal momento che la politica estera di appeasement del Primo Ministro è stata spesso vista come una modalità che ha spalancato le porte a Hitler e alla sua politica espansionistica.

In un mondo in cui non si può evitare l’inevitabile, Chamberlain viene descritto da Harris come un uomo profondamente devoto alla pace e al suo perseguimento.

Grazie al romanzo, l’autore fornisce un diverso punto di vista su Chamberlain: un uomo che ha salvato un Paese da una sregolata e massiccia invasione e che, tramite il trattato di Monaco, ha dato modo all’Inghilterra di riorganizzare le sue forze militare in attesa dello scoppio della guerra.

Tornando all’ucronia: chissà cosa sarebbe successo se Chamberlain non avesse rallentato Hitler con quel trattato. Forse l’Inghilterra non avrebbe avuto le forze adeguate per entrare in guerra contro la Germania e le ucronie di oggi sarebbero decisamente molto diverse.

Saggio storico o romanzo?

Leggendo Monaco, si ha quasi la sensazione di leggere un resoconto storico: i dettagli, le descrizioni particolareggiate, nomi, usi e costumi e atteggiamenti, tutto nel romanzo riesce a far rivivere le atmosfere e la tensione di quel 1938.

Uno degli aspetti più apprezzabili del libro è infatti la ricerca storica condotta dall’autore per la stesura del volume, da cui traspare, in aggiunta, una profonda e sincera passione per gli avvenimenti di quel particolare periodo storico e per alcuni personaggi che, come si suol dire, “hanno fatto la storia”.

Eppure non mi sento per nulla di definire questo romanzo un saggio storico. Questo non solo perché Monaco non ne condivide forme e caratteristiche, ma anche e soprattutto perché Harris lascia molto spazio alla dimensione umana. Paure, ansie, dubbi, tensioni e amicizie sono il vero humus alla base delle vicende che si svolgono nel romanzo.

In un libro in cui per buona parte sono descritte strategie, documenti ufficiali, preparazione di discorsi e tentativi di sabotaggio, le sezioni più toccanti e coinvolgenti restano i rapporti umani, le storie d’amicizia e di lutto che punteggiano l’intera trama; tanto da avere il desiderio di saperne di più sulle vicende personali dei personaggi, che cosa pensavano e cosa provavano.

Ma, forse, per una volta è giusto osservare la storia nel suo implacabile defluire e lasciare i personaggi con le loro vite fatte di affetti, timori e segreti in quei intimi sussurri che la Storia non ricorda quasi mai.

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