Ven 25 Aprile, 2025

Le News della settimana

spot_img

Potrebbe interessarti

K2-18b: il pianeta su cui potrebbe davvero esserci vita extraterrestre

Potremmo davvero essere a un passo da uno dei momenti più importanti della storia della scienza: la scoperta di vita su un altro pianeta.

Sebbene nel corso dei decenni gli studi hanno più volte evidenziato l’esistenza di indizi circa la presenza, passata o attuale di vita oltre la Terra, una recente ricerca della prestigiosa Università di Cambridge, pubblicata supportata dai dati del telescopio spaziale James Webb (JWST) pare sia riuscita a trovare le prove più concrete di forme di vita extraterrestre.

Secondo lo studio pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Letters, gli scienziati hanno puntato gli strumenti su K2-18b, un pianeta distante 124 anni luce, grande circa due volte e mezzo la Terra e orbitante attorno a una nana rossa nella costellazione del Leone.

Molecole “viventi” nell’atmosfera?

Il gruppo guidato dal professor Nikku Madhusudhan ha rilevato la presenza di due molecole molto particolari nell’atmosfera di questo esopianeta: il dimetil solfuro (detto anche solfuro di dimetile, metiltiometano o DMS) e il dimetil disolfuro (DMDS). Sulla Terra, queste sostanze vengono prodotte quasi esclusivamente da organismi viventi, in particolare da batteri e fitoplancton marini.

Non è la prima volta che il team osserva segnali simili, ma stavolta il livello di attendibilità è molto più alto: si parla di una probabilità del 99,7% che non si tratti di un errore statistico. Non ancora abbastanza per dichiarare una scoperta (serve almeno il fatidico “five sigma”, ovvero il 99,99999%), ma comunque siamo di fronte a un netto passo avanti rispetto ai rilevamenti precedenti.

esopianeta con acqua

K2-18b: un mondo coperto d’acqua o di roccia fusa?

Uno dei motivi per cui K2-18b affascina tanto gli astrobiologi è che potrebbe avere un vasto oceano liquido.

L’assenza di ammoniaca nella sua atmosfera, spiegano i ricercatori, suggerisce che questa venga assorbita da un’immensa distesa d’acqua sotto lo strato gassoso. Ma non tutti sono d’accordo: c’è chi propone, invece, un oceano di roccia fusa o addirittura un pianeta simile a un Giove in miniatura senza superficie solida.

Insomma, il dibattito è aperto, ma una cosa è certa: mai prima d’ora avevamo avuto segnali così promettenti. Se quelle molecole sono davvero prodotte da vita biologica, allora potremmo trovarci davanti a un pianeta “brulicante” di esseri viventi, magari microscopici, certo, ma pur sempre vita extraterrestre.

Tanto entusiasmo ma la cautela non è mai troppa

La comunità scientifica resta giustamente cauta. Professori come Catherine Heymans (Astronoma Reale di Scozia) e Chris Lintott (The Sky at Night) sottolineano che ci sono ancora troppe incognite, e che la sola presenza di DMS non basta a gridare “E.T. esiste!”. Potrebbero esserci meccanismi geologici alieni, assenti sulla Terra, in grado di produrre quelle molecole senza alcun coinvolgimento biologico.

Ma lo stesso Madhusudhan ribadisce: “Se davvero confermiamo che c’è vita su K2-18b, questo significherà che la vita è comune nella galassia. Non un’eccezione, ma la regola.”

E forse, tra uno o due anni, potremo finalmente affermare con certezza di non essere soli nell’universo. Per ora, restiamo con lo sguardo (e telescopio spaziale James Webb) puntati verso l’infinito e oltre.

fonte