Castlevania: la recensione della seconda stagione

Castlevania cover

Nel week end in cui Netflix cerca di stupire gli appassionati del mito del Cavaliere Oscuro con Batman: Ninja, il comparto animazione di Big N si arricchisce anche della seconda stagione Castlevania. La serie d’animazione ispirata al celebre videogioco torna con altri otto episodi, che vanno a proseguire quanto visto nei quattro che hanno composto la prima stagione.

Castlevania torna su Netflix con otto nuovi episodi

La saga di Konami ha sempre mostrato un’ottima caratterizzazione di personaggi ed ambientazioni, una caratteristica che sarebbe dovuta arrivare anche nella versione animata, che è purtroppo risultata troppo verbosa e spesso lenta al punto di essere noiosa nella prima stagione, nonostante la presenza di un maestro come Warren Ellis alla scrittura.

Se questo aspetto poteva esser considerato un passo necessario per creare i presupposti narrativi dell’intera serie, era necessario spingere la seconda stagione di Castlevania verso un ritmo narrativo più coinvolgente e che riuscisse a mostrare lo spessore di questo universo. Lo sforzo della produzione di Castlevania è quindi stato improntata a dare alla serie una maggior definizione in termini di ritmo e carisma.

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Un tentativo che si è realizzato solo in parte, sfortunatamente. Pur dando vita ad un’interessante prodotto di animazione che mostra una certo carattere, questi nuovi otto episodi di Castlevania lasciano la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera incompiuta, in cui mancano alcuni passaggi che avrebbero potuto rendere Castlevania una vera meraviglia.

La sfida tra il trio di eroi composto da Alucard, Trevor Belmont e Sypha e il signore dei vampiri, Dracula, si fa sempre più pressante. La determinazione di Dracula nello sterminare la razza umana è irremovibile, una missione che intende perseguire con ogni mezzo, a costo di mettersi contro i suoi simili, spaventati da uno sterminio immotivato della loro fonte di cibo.

Questo spunto consente a Ellis di mostrarci un Dracula particolarmente affascinante. Il re dei vampiri è profondo, un personaggio tragico che soffre e viene mosso solo dal dolore e dalla vendetta. Nel corso degli episodi assistiamo al motivo dell’odio di Dracula verso gli uomini, e il modo in cui il suo essere sia stato anche modellato dal suo amore per l’umana Lisa Tepes.

Da questo sentimento nasce la separazione di Dracula rispetto ai suoi simili, che non mancheranno mai di notare come la sua passione per l’umana Lisa abbia indebolito il signore dei vampiri, finendo per renderlo folle. Questo sentore di allontanamento dalla vera natura dei vampiri diventa l’origine di una serie di complotti alla corte di Dracula, resa al meglio da Godbrand e Carmilla, due vampiri particolarmente letali.

A riprova della differente visione di Dracula, il vampiro sceglie di affidare il controllo del proprio esercito a due umani, Hector e Isaac, capaci di creare truppe demoniache dai cadaveri dei soldati caduti tramite la Forgiatura.

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Nella seconda stagione di Castlevania la cura principale nella gestione della trama è stata indirizzata proprio alla caratterizzazione della corte di Dracula. La tensione generata dagli intrighi e dalle macchinazioni delle varie fazioni dei vampiri è costante e bene narrata, capace di tenere lo spettatore avvinto alla serie. Pur non arrivando alle vette dei complotti di serial più blasonati, la scrittura di Ellis riesce a valorizzare questo ambiente vampirico di mezze verità e grandi inganni.

Nonostante la presenza di promettenti figure tra i generali di Dracula, non emergono personaggi particolarmente carismatici a causa di una mancanza di approfondimento delle loro personalità, facendoli risultare come semplice contorno alle manipolazioni di Godbrand e Carmilla. Può anche esser la conseguenza della brevità della serie, ma il vedere una corte di vampiri provenienti da ogni parte del mondo avrebbe meritato maggior attenzione e sviluppo.

Dove invece Ellis manca totalmente l’obiettivo è il dare concretezza alle figure dei tre eroi. La dinamica che anima il terzetto Alucard-Sypha-Trevor avrebbe meritato maggior attenzione, data l’importanza della loro presenza all’interno della serie. La sensazione invece è che ci si sia concentrati troppo su Dracula, dimenticando di dare spessore anche ai suoi antagonisti.

In più occasioni sembra che il terzetto sia più un contraltare comico per l’aspetto tenebroso e sofferente di Dracula, dando vita a dialoghi sterili e quasi sempre costruiti intorno alla reciproca derisione di Alucard e Trevor con Sypha a tentar di far da paciere. Le parti meno appassionanti di Castlevania sono proprio questi dialoghi stanchi e ripetitivi, che spesso rompono il ritmo della storia in modo insensato.

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Fortunatamente, rispetto alla precedente stagione, Castlevania mostra una maggior dose di azione. La regia di Sam Deats e la collaborazione di studi come Powerhouse Animaton, Project 51 e Shankar Animation hanno dato vita ad un modo visivamente impeccabile, sia nei fondali che nella realizzazione delle animazioni, che raramente mostrano qualche rallentamento non proprio gradevoli.

Gli scontri, che siano duelli o battaglie più ampie, sono sempre emozionanti. Particolarmente riuscito il combattimento di Trevor all’interno della cripta dei Belmont, dove l’uso della Stella del Mattino diventa l’occasione per i disegnatori di sfoggiare dinamismo ed una vitalità incredibile. A dare il senso di questa ottima riuscita del comparto tecnico è lo scontro finale nel castello di Dracula, una battaglia tecnicamente ed emotivamente avvincente. L’utilizzo di armi bianche e la presenza della magia di Sypha

A far storcere il naso è un ultimo episodio che, onestamente, sarebbe anche stato evitabile. Lento oltremodo, con sequenze e dialoghi lenti. Il difetto dei dialoghi non è presene solo nell’episodio finale, ma in tutto Castlevania l’uso di un linguaggio eccessivamente formale ed un doppiaggio non sempre all’altezza (come nel caso di Dracula o Isaac). Si tratta di piccoli difetti che impediscono a Castlevania di avere la giusta concretezza che la saga videoludica di Konami meriterebbe, mala serie ha comunque sufficiente fascino per meritare la visione.