Volt 6: L’occhio della tigre – Recensione

Di Manuel Enrico 6 Min di lettura

Con L’occhio della tigre, Volt chiude con un finale strepitoso la sua prima stagione!

Riuscire a far ridere non è così facile come si crede. Grandi comici hanno spesso detto che la vera comicità nasce dal tentativo di presentare in modo meno oscuro le difficoltà della vita, quei lati in ombra della nostra quotidianità. Riuscire a superare le difficoltà, anche prendendole in modo comico, può essere un modo di affrontare certi scogli, e quale miglior esito che raccontarle anche ad altri? Come sta facendo Volt, il bimestrale edito da saldaPress firmato da Stefano The Sparker Conte.

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In questo anno abbiamo imparato ad apprezzare il talento e la verve comica di Stefano, trasposta in modo impeccabile in Volt. La figura del divertente robottino è l’alter ego cartaceo del suo creatore, una simbiosi che rende le avventure nella fumetteria appassionanti e divertenti perché eco di esperienze dirette, assimilate e riviste in un’ottica meno seria.

L’occhio della Tigre è forse l’albo più complesso, narrativamente parlando, di questa prima serie di Volt. Dovendo essere il capitolo finale del primo anno di vita del personaggio, Stefano ha voluto salutare i suoi appassionati lettori con una storia che unisca alla solita anima divertente un tono più serio, a tratti ispiratore.

La dura lotta con la realtà a cui Volt è sottoposto in questo numero è una sensazione reale, la abbiamo sperimentata tutti. Stefano non fa altro che raccontare un’esperienza comune, creando un legame empatico con i lettori che trae forza da questa condivisione. Parte di questo fascino ed immedesimazione con Volt deriva dall’ottima idea dell’autore di portarci su un terreno di citazioni comuni, ricorrendo al simbolo più noto della determinazione e della voglia di riuscire: Rocky.

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La parte centrale di questo albo sarà un vero e proprio incoraggiamento a non cedere, a non rinunciare alle proprie aspirazioni. L’occhio della Tigre è, secondo me, il momento in cui Stefano, Volt e i lettori diventano un tutt’uno, la corsa di Volt è la nostra, la sua determinazione ci appartiene e ci incoraggia. Impossibile non leggere questa parte dell’albo e non mettersi a canticchiare The Eye of the tiger, il cui testo è scritto nelle didascalie, in un parallelismo tra testo (sempre magnifico) e immagini, ironiche ma anche trascinanti. Volt sembra finalmente prendere coscienza dellla propria vita, lo si vede deciso come non mai, incredibilmente energico. Il contesto ironico della serie non manca di ridimensionare questo attimo di epicità, ma contrariamente al passato permane un senso di serietà che solitamente era assente. L’occhio della tigre è un punto di svolta per Volt, quel momento in cui il personaggio, dove averci principalmente presentato il suo mondo, sembra addentrarsi maggiormente nel suo intimo, finalmente protagonista indiscusso e senza gregari. Anche il siparietto con quel rompiscatole del dinosauro ha una durata breve e ben ragionata, asservito al vero scopo di questo albo: dare a Volt una dimensione più concreta.

A questo si unisce una geniale visione del ruolo di Mother, nemica e amica, eminenza grigia che opera nell’ombra per motivi a noi finora ignoti. La rivelazione di questo numero di Volt è un vero colpo di scena, inatteso eppure ben congeniato. Si tratta di un aspetto inatteso che dona all’intera saga del robottino di The Sparker un punto di partenza spettacolare per la seconda stagione, che nel 2018 tornerà a raccontarci le vicissitudini di questo incredibile mondo.

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Sembra quasi una coincidenza, nel periodo in cui il più letto fumetto comico italiano di sempre, Rat-Man, giunge alla sua conclusione, Volt arriva alla fine della sua prima stagione. In chiusura di albo, Stefano omaggio il mitico personaggio di Ortolani, con un ringraziamento a Leo per gli anni di risate, riflessioni e insegnamenti, che lo hanno ispirato. Stefano Conte, vedendo come ha ideato il suo personaggio, si è lasciato ispirare dallo stile di Ortolani, ma ha avuto anche la forza di prendere una strada propria, uscendo dalla trappola della copia per offrire ai lettori una visione personale e accattivante.

L’occhio della tigre è un season finale perfetto, dal tono simile a quello di un serial, con un’ottima cadenza del ritmo e un arguto senso di curiosità instillato nel lettore. Nell’annata fumettistica, Volt per me resta una delle migliori incarnazioni del fumetto italiano, capace di conciliare ironia, critica e emozione in una miscela perfetta. Non ci resta che aspettare l’anno venturo per tornare nella fumetteria Comics Sans e vivere le avventure del nostro adorato Volt!

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