The Open House: l’horror scadente di Netflix – Recensione

The Open House

Negli ultimi tempi le idee per i film horror sono sempre le stesse.

Anzi, se consideriamo quelli degli ultimi anni, si possono addirittura dividere in due categorie principali: quelli che sono ambientati in case infestate (come, ad esempio, La Vedova Winchester atteso a febbraio nei cinema); e quelli dominati da serial killer che indossano maschere (The Strangers 2, nelle sale dal prossimo marzo).

I pochi che rimangono prevedono il ricorso ad espedienti narrativi come esorcismi in tutte le salse o mostri provenienti da leggende metropolitane.

Insomma, siamo a corto di fantasia e anche l’offerta horror Netflix ne risente.

The Open House appartiene alla prima categoria di horror che abbiamo citato, o almeno è quello che ci viene fatto credere fin dalle prime sequenze del film.

Sinossi

Dopo la tragica morte del padre che li lascia praticamente sul lastrico, il giovane Logan (Dylan Minnette) e sua madre (Piercey Dalton) vanno a vivere nella casa di villeggiatura di una parente. La situazione è solo temporanea e durerà finché i due non riusciranno ad essere più indipendenti economicamente.

Possono vivere lì a patto che un giorno alla settimana, nel pomeriggio, lascino la casa libera e in perfetto ordine: l’edificio, infatti, è in vendita e aperto al pubblico (da qui il titolo The Open House).

Tutto sembra abbastanza tranquillo e normale, ma qui inizia l’incubo per Logan e sua madre, perché forze strane e inquietanti tramano contro di loro.

Quando si pensa di girare un horror ma si finisce per fare un’altra cosa

The Open House sembra, come ho scritto prima, un film su una casa infestata e, all’inizio della visione, lo spettatore tende ad abbracciare l’ipotesi che strane entità agiscano nell’ombra tra il reale e l’ultraterreno. Il motivo è semplice: i fatti inquietanti avvengono dalla prima notte passata lì dai nuovi inquilini.

Bisogna sottolineare il fatto che gli eventi sono insoliti ma non eccezionali; gli oggetti si spostano magicamente da una stanza all’altra, la caldaia si spegne solo quando è la madre a farsi la doccia, le porte si aprono da sole e qualcuno sembra bussare dal seminterrato.

Il film è sì catalogato come horror, ma non fa paura per niente. Ci sono solo un paio di jumpscare, per giunta del tutto prevedibili e la pellicola è caratterizzata da una lentezza quasi intollerabile.

Gli ultimi minuti sono gli unici ad essere movimentati, ma senza mai esagerare con il pathos.

Si arriva alla fine del film e si pensa inevitabilmente: “Okay, e quindi?!”.

Manca un vero finale, manca un motivo, qualcosa che faccia capire e comprendere, o almeno intuire, perché queste cose strane stiano succedendo.

Chi c’è dietro agli eventi? Non si sa.

Perché accadono? Boh!

La parente di Logan e sua madre a cui appartiene la casa nasconde un forse un segreto? Assolutamente no, anche perché appare solo ad inizio film e poi viene miseramente dimenticata.

Tutto questo è giusto per darvi un’idea di quanto la sceneggiatura con i sui buchi assomigli a uno scolapasta!

The Open House avrebbe potuto rifarsi tramite fotografia e colonna sonora, ma risultano mediocri anche questi.

L’unica cosa che si salva è l’interpretazione di Piercey Dalton, che recita abbastanza bene, per quello che la parte gli permette di fare.

Dylan Minnette, al contrario, sa di essere sprecato per un film del genere e non dà il massimo: la sua presenza è fiacca e poco convinta, non trasmette quasi nulla. È un peccato perché nella serie tv Tredici, dove interpretava il protagonista, se l’era cavata davvero in maniera egregia.

Il lato davvero comico di tutta questa faccenda è che le menti dietro alla pellicola, ovvero i registi, sono addirittura due: Matt Angel e Suzanne Coote. Provate a immaginare che razza di film sarebbe venuto fuori se fossero stati di più!

Forse l’idea originale era quella di realizzare davvero un film su una casa abitata dai fantasmi, ma poi sono venuti meno i soldi del budget e i registi hanno ripiegato su un’idea di scorta… E se questa era l’idea di scorta, immaginate quelle che hanno scartato!

Conclusioni

C’è poco da dire su The Open House, un film brutto, scadente e tremendamente noioso.

Netflix non è infallibile e, a volte, sbaglia nel dare fiducia mettendo la propria firma su prodotti cinematografici davvero imbarazzanti.

Io, nel frattempo, provo a chiedere la restituzione dei miei 95 minuti di vita persi nel guardare il film.