Sab 27 Luglio, 2024

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Hellboy (2019), la recensione in anteprima (no spoiler)

Hellboy, la figura a metà fra supereroe e demone infernale creata dalla fantasia di Mike Mignola oltre vent’anni fa per la Dark Horse, è tornata al cinema dopo anni di assenza.

Interpretato da David Harbour (Stranger Things), Red piomberà nei cinema di tutto il mondo fra una manciata di ore, ma noi di Just Nerd abbiamo avuto la fortuna di poter dare un’occhiata in anteprima alla nuova pellicola a lui dedicata.

La recensione in anteprima di Hellboy, reboot dell’omonima saga a fumetti già trasposta al cinema con successo da Guillermo Del Toro

Diretto da Neil Marshall (già regista di alcune puntate del Trono di Spade) ed interpretato, oltre che da Harbour, da Milla Jovovich, Ian Mc Shane e Daniel Dae Kim, il film si fregia del ricercatissimo (non da me) Rated R, facendone sfoggio per tutte le due ore di durata.

Ma, insomma, com’è questo inatteso (indesiderato?) reboot?

Prima di rispondervi, a voi il trailer e una pregevole sinossi:

Hellboy, il supereroe mezzo demone, combatte assieme a dei nuovi alleati una strega del 15esimo secolo, decisa a distruggere la vita sulla Terra così come la conosciamo

Scarsina come sinossi, eh? Beh, non c’è molto di più di così da raccontare, sia per terrore di spoilerarvi qualcosa, sia come conseguenza di una certa pochezza che affligge il film.

Hellboy si presenta in questo reboot facendosi fregio del tanto agognato rated-R, ma sprecandolo infantilmente

Come saprete, se mi seguite a queste latitudini da tempo, non sono esattamente un fan della “pressante” esigenza da parte di molti colleghi nerd di avere per forza il bollino rosso sulle pellicole che amiamo vedere al cinema.

Non lo reputo indispensabile, soprattutto se non utilizzato con intelligenza.

Va benissimo un film dedicato a Logan e vietato ai minori, in cui il mutante artigliato canadese possa scatenare la belva senza paura di censure, ma solo se la violenza rappresentata su schermo senza filtri ha una sua gravitas, con una serie di conseguenze pesanti e drammatiche tanto quanto una testa o un braccio mozzato.

In Hellboy, tutto questo non c’è. La violenza (a tratti comica, a tratti semplicemente ridicola) è quasi sempre fine a sé stessa, senza chissà quali conseguenze e tremendamente infantile.
Se si eccettua per una piccola vicenda in apertura del film, ciò che di granguignolesco vediamo sulle schermo non ha mai una conseguenza, né per noi né per i protagonisti, che vada oltre il semplice tessuto narrativo.

hellboy david harbour

 

Inoltre, come già accennato, il film sembra volersi a tutti i costi “bullare” del proprio rating.
Mi spiego meglio: se un passante deve essere ucciso, non basta spiaccicarlo con una mazza gigantesca, prima deve essere scuoiato vivo e sventrato; se un mostro demoniaco deve essere sconfitto da Hellboy con un fendente alla testa, il sangue deve scorrere comicamente a fiumi, deve per forza vedersi un pezzo di cervello marcio cascare per terra come fosse una cacca di cane e il mostro deve perdere moccio e vomito dal naso e così via.

Abbiamo capito che vi hanno dato il Rated R, ma se fate così, sembrate solo uno che, dopo aver preso in prestito la Porsche di papà, la usa anche per andare dal parcheggio di un centro commerciale al bagno del secondo piano dello stesso centro commerciale, solo per poter sgasare e far vedere il mezzo che sta guidando.

Per non parlare del fatto che, soprattutto nelle scene più piene di gore a buon mercato, la CGI sembra quella di un servizio di Striscia la Notizia.

hellboy film

Il film non riesce a sfruttare l’innegabile carisma del personaggio, affogando in un plot confuso e allo stesso tempo prevedibilissimo

Un promettente inizio, dedicato alla sensazione di Hellboy di essere un “diverso”, oltre che un microscopico discorso sulla responsabilità del potere, viene annacquato da dinamiche narrative che, secondo il mio ignorantissimo parere, avrebbero potuto essere spalmate su almeno un paio di film.
Oppure avrebbero potuto semplicemente essere scritte meglio.

Il villain del film (una Milla Jovovich che, per rimanere in tema, ha quasi sicuramente fatto un patto col Diavolo, visto che non invecchia e diventa sempre più assurdamente bella) spreca anch’esso un enorme potenziale, passando da minaccia a mostro incompreso e desideroso solo di un posto al sole e poi di nuovo allo status da cattivo anni ’80, il tutto in un paio di battute.

Poteva essere uno sviluppo interessantissimo, vedere un villain trasformarsi in una vittima del pregiudizio, al netto dei suoi errori ed orrori del passato, ma tutto si sfilaccia nel terzo atto.
Vorrei poter essere più dettagliato, ma ho firmato un NDA e se mi sbottono troppo quelli di Lionsgate vengono a scuoiarmi e sventrarmi personalmente.

Hellboy

Hellboy spreca un potenziale enorme, ma ha il pregio di consegnarci una nuova versione del Rosso per la quale, nonostante tutto, è impossibile non provare simpatia

David Harbour porta al personaggio tutta la sua enorme e burbera fisicità, regalandoci un Hellboy diverso dal classico interpretato da Ron Perlman (e diretto da un Guillermo Del Toro che ieri sera mi è mancato come l’acqua nel deserto) ma non per questo meno adorabile, a tratti.

Immaturo, complessato, profondamente triste e ingenuo, il demone di Mignola prende vita per una seconda volta sullo schermo interpretato da un attore completamente diverso sia artisticamente che fisicamente da Perlman; un attore che ce la metta tutta (davvero tutta) a portare a casa la pagnotta, coperto di trucco e latex e, se non fosse che il resto del film è un mezzo incidente ferroviario, arriva tremendamente vicino a riuscirci.

I momenti tutti dedicati al demone col soprabito da cowboy sono la cosa migliore del film, ma hanno la colpa di far venire ancora più rabbia a chi il film lo sta guardando, nel momento in cui ci si rende conto che Harbour è un perfetto Hellboy, solo calato in un film tremendamente immaturo e pieno di difetti.

In definitiva, sono poche le redeeming qualities (wow, parlare in italiano no eh?) di un film dal potenziale enorme, ma anche dall’enorme immaturità.

Costava così tanto dare via libera a Del Toro e al suo threequel?

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