Bow to Blood: Last Captain Standing – Recensione di un’esperienza da reality in VR

bow to blood

Parlare di Bow to Blood: Last Captain Standing non è facile, bisogna sicuramente farlo separando l’esperienza in due parti.

Ecco la nostra recensione di Bow to Blood, un’esperienza immersiva incredibile in formato reality

L’ultimo lavoro di Tribetoy è un’avventura immersiva incredibile, qualcosa che raramente si vede in un videogioco che non vuole essere un AAA ma che si avvicina in quanto a innovazione a molti di quei giochi che fanno molto parlare di sé.

Pirati, navi volanti, giochi gestionali, potenziamenti infiniti, ri-giocabilità, battute stupide.

Per quanto possa sembrare assurdo, ognuno di questi aspetti gioca un ruolo fondamentale in Bow to Blood.

Cliccando su nuova partita saremo catapultati in un arena, come partecipanti di un’esperienza a metà tra un reality e una battle royale.

Il nostro scopo sarà infatti quello di combattere contro altre navi pirata e, andando alla ricerca dei vari tesori nascosti che ci permetteranno di incrementare il nostro punteggio, cercare di diventare i Campioni.

Stop. Tutto qui.

Cosa rende allora questo gioco “forte” e degno di essere sicuramente giocato e rigiocato?

Andiamo per ordine.

La nave che andremo a comandare avrà un equipaggio composto da diversi elementi che man mano a interagiranno fra di loro con battute (a volte ai limiti del cringe) e a cui sarà possibile suddividere i compiti da svolgere a seconda della situazione in cui ci troveremo.

Si potranno assegnare agli armamenti, agli scudi, al comparto motore e a molte altre funzioni che determineranno l’esito della battaglia. Aspetti che inizialmente ci sembreranno completamente alieni ma che andremo a imparare a gestire con molta cura durante la campagna.

Ovviamente la nave dispone di un’energia limitata, che dovremo sempre andare a gestire in base al nemico che avremo davanti.

Avete presente in Star Trek quando l’equipaggio invita il proprio addetto alla sala macchina a dirottare tutta l’energia dei motori agli scudi per poter sopravvivere al colpo mortale avversario? Esattamente la stessa cosa.

I nemici

I nemici dell’arena sono forse tra le cose più divertenti da vivere in Bow to Blood.

Ogni volta che affronteremo un nemico avremo un dialogo unico che ci darà, spesso, più opzioni di scelta come risposta e, in alcuni casi, questo ci farà addirittura evitare la battaglia.

Tutti i capitani avversari, inoltre, si ricorderanno di voi se doveste rincontrarli e, ovviamente, agiranno in base alle vostre azioni passate. Un aspetto da non sottovalutare in quanto moltissimi giochi moderni AAA non dispongono di questo genere di interazioni con i personaggi del gioco.

Pregevole anche il formato reality del gioco che verrà usato anche come scusa per farci vivere quello che è il tutorial. Infatti verremo invitati ad abbattere dei piccoli droni, o a muoverci in giro per la mappa per “mostrare al pubblico di cosa siamo capaci”, fattore che aumenta in maniera incredibile l’immersione in questo gioco.

Ottimo anche il sistema di upgrade della nave che, in maniera forse anche troppo sbrigativa, ci darà la possibilità di trasformare la nostra nave in una corazzata da battaglia e ottimo anche il sistema di world building casuale delle arene. Un fattore che aumenta drasticamente la ri-giocabilità del titolo.

Cosa fa ‘soffrire’ Bow to Blood

In primis, per quanto possa sembrare incredibilmente affascinante da vedere, la grafica.

La grafica è un cell-shading (o simil cartoon) che ricorda molto quello utilizzato dai primi due Bordelands e che avrebbe potuto essere gestita in maniera migliore, specie perché, nelle fase più concitate di gioco, capita di assistere a cali vistosi di framerate. In un gioco frenetico e soprattutto in VR, non fanno che rendere l’esperienza a volte frustrante.

Il secondo aspetto è proprio il VR.

Il Visore di casa Sony spicca per praticità di utilizzo e soprattutto accessibilità di prezzo ma, colpa anche quest’ultimo fattore, graficamente è un po’ arretrato e sono sicuro che questo aspetto possa aver pesato in maniera molto forte sull’esperienza di gioco.

Il problema è che il gioco è giocabile SOLO in VR.

Questo non da la possibilità, a mio parere, di potersi godere Bow to Blood come sarebbe giusto fare. Anche perché il motion sickness da il colpo di grazia impedendo delle sessioni di gioco troppo lunghe e rendendo tutta l’esperienza un po’ “frammentata”

C’è da dire che il VR immerge completamente nell’esperienza  facendovi sentire dei veri e propri capitani sul ponte di comando, ma dopo qualche minuto di gioco pregherete per avere un break dal visore ma vorrete comunque continuare a giocare a Bow to Blood in quanto il gioco crea una discreta dipendenza, specie agli amanti dei giochi semi-manageriali.

Risultato, vi sentirete incredibilmente frustrati.

Il gioco è un’esperienza senza dubbio da provare ma che avrebbe seriamente bisogno della possibilità di poter essere giocato con o senza visore per essere goduto appieno.

Per finire Bow to Blood è un’ottima base su cui costruire un futuro senza dubbio glorioso per Tribetoy. Un gioco che ha tutte le carte in regola per poter diventare “virale” se gestito nella maniera giusta.

Bow to Blood è un titolo comunque molto difficile da descrivere ma incredibilmente coinvolgente che, una volta provato, difficilmente deciderete di disinstallare dalla vostra amata console.