Winterdeth, la guerra futura di Noise Press – Recensione

winterdeth copertin

Durante l’ultima edizione del Cartoomics, una delle uscita che più attendevo era Winterdeth, ennesima produzione di quella fucina di idee che si nasconde il dietro il nome di Noise Press. La casa editrice guidata da Luca Frigerio è una realtà editoriale che mostra ad ogni occasione una propria linea guida ben rodata e salda.

Proprio con Frigerio abbiamo parlato a Cartoomics di come l’esser etichettati ‘casa editrice minore‘ possa esser non tanto uno sminuire l’identità di un editore, ma piuttosto la sua fortuna, visto che consente una certa libertà creativa che in nomi più affermati viene considerata come un rischio .

Winterdeth, la guerra futura secondo Noise Press

Ed è grazie a questa voglia di dare piena libertà ai propri autori che Noise Press riesce a realizzare delle storie come quelle di Kabuki Fight, The Steams o l’ultimo arrivato Winterdeth.

Winterdeth è stato anticipato e adeguatamente curato in fase promozionale sulla pagina Facebook di Noise Press, con il rilascio di anteprime e di tavole che hanno mostrato uno degli aspetti più convincenti del fumetto: l’impatto grafico. Innegabilmente, la prima operazione quando si prende un mano un fumetto è sfogliarlo.

Farlo con Winterdeth, io vi avviso, causa dipendenza. Le tavole di Luca Panciroli hanno il non facile compito di dare al contesto narrativo creato da Alessio Landi corpo e sostanza, trasmettendo al lettore tutto il forte pathos del mondo futuro.

Landi, con Winterdeth, gioca molto sulla citata libertà espressiva di casa Noise Press. La sua trama non è particolarmente originale, si muove su una linea narrativa piuttosto rodata (richiamare in servizio il vecchio eroe), ma ha lo sprint emotivo giusto, riesce ad inserire quel tocco di citazionismo ai film di fantascienza dalle tinte action degli anni ’80 che può risultare familiare e piacevole ad una certa generazione, ma che rischia di sembrare fuori luogo ai lettori più giovani.

La citazione, anche solo nello spirito, è un bel rischio. Parecchie produzioni recenti si sono lasciate suggestionare da questo gioco con il lettore (penso, ad esempio, a Orfani), ma è un’arte sottile. Landi, giustamente, sceglie di omaggiare lo stile degli anni ’80 nel creare dei personaggi che ricorrono a battute tipiche del periodo, con un umorismo graffiante e da ‘macho‘ che può appassionare il lettore che ha vissuto quel periodo.

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Il fatto che Winterdeth sappia spingere sull’acceleratore nei momenti giusti, però, elimina ogni problema. Landi ha una padronanza della vicenda perfetta, ben scandita, in cui riesce ad inserire dei personaggi che sono ben caratterizzati (Vossler uber alles), soprattutto sempre fedeli allo spirito della storia.

Questa esigenza diventa la linea guida di Panciroli, nome del fumetto italiano che sicuramente ai più giovani non dirà molto, ma chi ha qualche capello bianco ricorderà legato a Erinni, lo storico personaggio creato dal compianto Ade Capone, di cui Panciroli è stato uno degli interpreti (e se ben ricordo, ne fu anche il ‘padre’ grafico).

Il disegno di Panciroli è ideale per Winterdeth. Il suo tratto è in grado di delineare sia i mech e la futura tecnologia che l’ambientazione della Terra devastata, sapendo creare un gioco di percezioni e prospettive che esalta la storia. Alcune tavole, specie negli attimi più action, sono particolarmente suggestive, una sensazione che mi ha fatto immaginare una colonna sonora da action movie, mentre mi immaginavo Panciroli chino a disegnare frenetico, veloce come i suoi personaggi.

Sono però i piccoli dettagli delle tavole a dare il valore all’ottimo lavoro di Panciroli. Il soldato che urla, mostrando la tensione di viso e corpo che ti fa sentire quell’ordine come se fosse uscito dalla pagine, o l’uso particolarmente intelligente e personale delle linee cinetiche per imprimere movimento ad una forma d’arte che ha una genesi statica. Ecco, dinamismo è forse il termine più vicino alla natura del lavoro di Panciroli su Wintherdeth.

Personalmente sono rimasto folgorato dal lavoro di Panciroli, che ha saputo inserire a sua volta qualche piccolo omaggio (un 42 che campeggia in una tavola mi lascia pensare a Doug Adams), arrivando a realizzare il protagonista ispirandosi ad Ed Harris, anche se inizialmente mi è sembrato più il Peter Weller del primo Robocop, complice la sua tuta potenziata.

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Ma cosa può servire per esaltare un simile spettacolo?

La colorazione. Su un prodotto del genere, in cui la storia contempla esplosioni, armi e scenari apocalittici, è necessaria una cura cromatica non buona, ma perfetta. E Pamela Poggiali si è fatta trovare pronta.

Winterdeth passa, per esigenze narrative, da toni caldi ad altri più rigidi, e la Poggiali sembra non percepire questa variazione, realizzando una colorazione che contempla in modo organico ogni situazione. La sua bravura nel realizzare i cieli che incombono sui personaggi viene esaltata nel gestire ombre e luci, nel creare contrasti di colori suggestivi.

Va giustamente apprezzato anche il lavoro al lettering di Marco Della Verde, pulito ed essenziale, l’ideale in una storia come questa.

Ancora una volta Noise Press riesce a stupirmi per una sua particolarità: l’attenzione nella cura editoriale. Che si tratti di spillati (come The Steams) o edizioni più strutturate (come il nostro Winterdeth), le pubblicazioni di questa casa editrice mostrano sempre una buona fattura, dalla carta scelta ai contenuti extra. E qui bisogna fare i complimenti ad Alessandra Delfino, che realizza i progetti grafici della Noise Press.

Dopo il primo numero di Winterdeth, inizia l’attesa per il prossimo albo, un’attesa che spero sia decisamente breve!