La tana di Zodor, la relazione tra tempo e memoria – Recensione

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Il tempo è il costante compagno di vita di ogni uomo. Spesso lo dimentichiamo, ma questa invisibile ci accompagna, ci spinge ad andare avanti, preme perché non ci si fermi mai. È subdolo, il tempo, a volte sembra non scorrere mai, altre pare scivolare rapido come una corrente in tumulto.

E noi ci muoviamo in esso, mutiamo in base agli eventi, potendo usare un unico strumento per mantenere un legame con il nostro io passato: la memoria. Con gli occhi della memoria possiamo riavvolgere il tempio, rivivere certi momenti, anche con una diversa percezione. La tana di Zodor, la graphic novel di Marco Nucci e Isaak Friedl edita da Tunuè, si focalizza su questi due aspetti.

Al centro della narrazione ci sono tre amici, Marco, Davide e Alessandro, mostrati in quattro diversi momenti della loro vita, legati ad un lontano ricordo della loro adolescenza, l’unico in cui le vedremo assieme. Non è un caso, tutti noi ricordiamo le nostre amicizie di quell’età, quei rapporti che portarono anche Stephen King a scrivere ‘non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12. Gesù, ma chi li ha?‘.

La tana di Zodor, un viaggio tra tempo e memoria

Quell’età è uno spartiacque, il momento in cui dall’infanzia si intraprende il percorso verso l’età adulta, con il tempo che , per l’appunto, sembra scorrere rapido ed impetuoso. È qui che compaiono i primi segni di chi saremo, rubando lo spazio a ciò che la fanciullezza ci ha offerto.

In La tana di Zodor, assistiamo a questo momento in cui l’avventura dei tre amici diventa uno specchio di una dimensione che abbiamo vissuto tutti, quel sentirsi eroi invincibili, creandosi un mondo magico in cui una leggenda locale diventa una cerca, in cui due anziani strambi assumono il ruolo di personaggi magici.

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Ma se negli occhi degli adolescenti Zodor è il nemico di universo fantastico, con il passare del tempo e le difficoltà della vita il mostro si palesa in un altro modo, sotto forma di asperità e di disagio, un esser sfuggente che gratta alle porte della coscienza per entrare. I tre protagonisti, seppur in modo diverso, son tutti accomunati da momenti difficili e sofferenze, e la memoria fa riemergere quel personaggio perduto, riveste con la sua maschera questa pena.

La tana di Zodor è un’opera non facile da comprendere, una lettura avvolgente e, in certi punti, opprimente, come lo sanno esser i migliori film, quelli che sanno rapirti più a livello emotivo che non visivo. Marco Nucci sa come suonare le nostre corde emotive, lo dimostra con le sue rubriche che accolgono i lettori nella serie Bonelli Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, sfrutta al meglio una irrefrenabile voglia di narrare.

La forza della storia di La tana di Zodor è il saper creare questo delirio onirico che ha un sapore incredibilmente reale, una costruzione narrativa che sembra esser già in noi.

Ho riletto più di una volta questa graphic novel, perché faticavo a capire se fosse l’abilità di Nucci a attirarmi nella storia, o se ero io ad aver la mia mente, la mia memoria, e offrire al duo di autori gli strumenti per narrare. Non lo so ancora, un dubbio mi rimane, ma è innegabile come La tana di Zodor sia una graphic novel che analizza con emozionante lucidità il nostro rapporto tra memoria e tempo, la nostra percezione della vita.

Non c’è linearità, non si usa il tempo oggettivo, quello cronologico e razionale, ma ci si affida al tempo soggettivo, alla nostra visione emotiva e irrazionale. Ne risulta una narrazione ad un primo impatto che lascia confusi, ci spiazza perché gli eventi scaturiscono come un fiume in piena che ci travolge. Eppure, funziona.

Perché la memoria e il tempo sono emozione, un linguaggio che condividiamo. Ed ecco che improvvisamente quella sfida a entrare nel bosco maledetto lo sentiamo nostro, è la visione di Nucci di quelle nostre fantasiose sfide da ragazzini, così come la difficoltà dei personaggi cresciuti è uno specchio della nostra età adulta.

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E Issak Friedl conferisce a La tana di Zodor un impatto grafico estremamente personale. Prima annotazione è la colorazione sempre molto carica, in cui il passato si tinge di giallo, rosso e sfumature ocra, colori che denotano un’emotività calda, mentre la crescita dei protagonisti e le loro difficoltà condannano le tavole del presente a tonalità scure, fatte di blu, grigi e viola. Il disegno è il trait d’union tra questi differenti orizzonti temporali, non realistico ma quasi pittorico, con inquadrature a volte particolari, studiate per dare un senso di inquietudine con la presenza di elementi onirici. Particolarmente suggestivo il ritratto della foresta maledetta. L’aderenza tra disegno e storia in La tana di Zodor è particolarmente felice.

La graphic novel di Tunué è una lettura da affrontare con il mood giusto, è un’esperienza emotivamente coinvolgente e che richiede al lettore una fiducia nei confronti degli autori, l’esser pronti a lasciarsi guidare in un viaggio nelle memorie. Ma non saremo soli, e Zodor sarà sempre nell’ombra ad attenderci.