Mar 21 Maggio, 2024

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The Whale: la recensione del film con un immenso Brendan Fraser

Dopo il tanto discusso Madre! del 2017 Darren Aronofsky, regista de Requiem for a Dream (2000), The Wrestler (2008) e Il Cigno nero (2010), torna nelle sale cinematografiche con il dramma strappalacrime The Whale, film con un gigantesco, sia per mole che per livello di interpretazione, Brendan Fraser.

Il film racconta la storia di Charlie, insegnante di letteratura che, a causa della prematura scomparsa del compagno, cade in un turbine di depressione che lo porta a ingrassare in maniera spropositata fino a diventare smodatamente obeso. L’unico contatto di Charlie con il mondo è l’infermiera e amica Liz che si prende cura di lui. Tuttavia, a movimentare la vita obbligatoriamente sedentaria di Charlie arrivano il religioso porta a porta Thomas e, soprattutto la figlia Ellie, con la quale cercherà disperatamente di riallacciare i rapporti logori da tempo.

Il grande ritorno di Brendan Fraser

Per il ruolo di Charlie, Aronofsky si è affidato, come detto, al simpatico faccione di Brendan Fraser, anche lui al ritorno sulle scene dopo anni di assenza forzata a causa di un infortunio e un abuso sessuale subito da parte di un produttore, tragedia che gli ha impedito di ritirare il Golden Globe, vinto proprio per The Whale.

La performance di Fraser è la chiave del film, lontana anni luce dai blockbuster come La Mummia o commedie come Indiavolato che avevano visto protagonista l’attore canadese. Fraser, aiutato da una tuta prostetica che gli ha “donato” una sproposita quantità di adipe, riesce a trasmettere la sofferenza e la disperazione del suo personaggio in maniera autentica, senza cadere nella facile overacting.

Si sa, le storie di rinascita all’Accademy piacciono, e infatti Brendan Frase, si è portato a casa, più meritatamente, l’Oscar 2023 come Miglior Attore Protagonista. Anche il resto del cast contribuisce non poco alla forza del film: Sadie Sink, reduce dal ruolo di Max nell’ultima stagione di Stranger Things, risulta perfetta nel ruolo della figlia Ellie dimostrando maturità a livello recitativo, a dispetto della sua giovane età. Il suo rapporto con Charlie è complicato e connotato dall’emotività, risultando essere il cuore del film.

Hong Chau, anche lei nominata all’Oscar ma senza riuscire ad aggiudicarsi la statuetta, si è calata meravigliosamente nel ruolo dell’infermiera-amica e riesce ad essere all’altezza del pezzo di bravura di Fraser.

A completare il cast troviamo Ty Simpkins, nel ruolo di Thomas, Samantha Morton nei panni della ex moglie di Charlie e Sathya Sridharan che interpreta il consegna pizze Dan. I nomi elencati, non tenendo conto degli studenti di Charlie che seguono il suo corso online, rappresentato l’intero cast di The Whale che è stato girato quasi interamente nella casa del protagonista, rendendo la pellicola quasi un opera teatrale, cosa comunque abbastanza ovvia vista la fonte d’ispirazione del film.

La balena bianca

La sceneggiatura del film è di Samuel D. Hunter, che è anche autore della piece teatrale The Whale dalla quale è tratto il film.

Il titolo non si riferisce solo alla mole del personaggio ma più che altro è un riferimento a Moby Dick, romanzo del 1851 di Herman Melville e a un tema che è di vitale importanza per Charlie; più volte lo sentiamo durante la visione del film: “E mi hanno rattristato soprattutto i capitoli noiosi sulla balena, perché sapevo che l’autore voleva solo salvarci dalla sua triste storia”.

Proprio come Moby Dick che è un romanzo oversize, pieno di descrizioni di tecniche marinaresche, anche The Whale è un film “di peso”, non per la durata che si aggira intorno alle 2 ore, ma per il tema affrontato e il modo in cui viene raccontato.

La regia di Aronofsky contribuisce ad enfatizzare i momenti emotivamente carichi e, in un paio di inquadrature, Charlie viene catturato dalla macchina da presa dal basso verso l’alto proprio come se si trattasse di un mostro gigante. Aronofsky ha scelto di girare il film in 4/3 invece che nel formato 16:9 utilizzando inquadrature ancora più strette per rendere meglio il senso di claustrofobia vissuto da Charlie, prigioniero del suo enorme corpo.

In alcuni momenti, specie nel finale, la lacrimuccia e forse un p0’ troppo ricercata con scene spinte al massimo, ma sicuramente The Whale è un’opera grande nella sua umiltà e “piccolezza”, realizzata con un budget di soli 3 milioni di dollari, probabilmente molti dei quali spesi nel trucco anch’esso vincitore dell’Oscar. The Whale arriva dritto al cuore degli spettatori, provocando il classico groppo nelle gole dei più duri e aprendo le cascate di lacrime per i più emotivi. Che apparteniate a una o l’altra categoria, il film vi resterà dentro e vi porterà a riflettere su alcune cose.

Il finale di The Whale (con spoiler)

The Whale può prestarsi a diverse letture, a seconda di come viene recepito da chi lo guarda. Oltre a Moby Dick, l’altro libro citato più volte è La Bibbia e il finale, con Charlie che si alza dalla sedia a rotelle fluttuando a qualche centimetro da terra, potrebbe essere visto come l’ascesa verso il paradiso. A una riflessione più profonda The Whale sembra però voler suggerire che per salvarsi serve volerlo con tutte le proprie forze e che che non deve esserci qualcosa di esterno (Dio) a intercedere: si tratta di una scelta personale che, a volte, può portare a decidere di non volere essere salvati affatto. Infatti, quando Charlie compie l’ultimo sforzo per raggiungere la figlia, fluttuando, quello che vediamo non è la sua ascesa al paradiso, ma piuttosto la liberazione di un peso, cioè di quella vita che ormai il protagonista aveva deciso di abbandonare.

In conclusione The Whale è un film eccezionale, che regala una performance di Brendan Fraser memorabile, la migliore della sua carriera, e una storia commovente e autentica sulla solitudine e sul desiderio di alleviare il proprio dolore. Il resto del cast, la regia di Darren Aronofsky e il trucco realizzato da Adrien Morot, Judy Chin e Anne Marie Bradley fanno di The Whale uno dei migliori film degli ultimi anni.

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