Se gli dei dell’Olimpo moderno abitassero nei server delle piattaforme social, allora Natalie Reynolds ha appena scoperto quanto possano essere vendicativi e crudeli.
Con 2,5 milioni di follower all’attivo, la creator è stata recentemente bannata da TikTok e ha deciso di affrontare la crisi come solo una vera influencer sa fare: filmandosi in lacrime, con mascara colato e telefonata disperata al padre, direttamente davanti alla sede di TikTok.
Natalie, in uno dei momenti più alti del cringe contemporaneo, è stata immortalata davanti alla sede USA di ByteDance mentre urlava singhiozzante al telefono: “Papà, non mi lasciano entrare! Voglio che il mio account TikTok venga sbloccato!”
Il motivo del ban? Una faida digitale tra regine dei follower di TikTok
Il motivo ufficiale del ban non è stato confermato, ma pare che la Reynolds sia finita nel mirino di un’altra influencer, tale Brook Monke che l’ha accusata di plagio.
I contenuti incriminati sarebbero balletti, skit e challenge troppo simili a quelli già visti sulla pagina di Monke. Insomma, la faida dei TikToker ha colpito ancora, con tanto di pubblico schierato, accuse reciproche e duetti velenosi.
Nel frattempo, la povera Natalie, dopo l’epica scena davanti al quartier generale di TikTok, ha iniziato a postare video su tutti gli altri social, ovviamente cavalcando l’onda (imbarazzante) dello scandalo. In uno sketch, la vediamo addirittura simulare di lavorare da Wendy’s (una catena di fast food), con tanto di cassa e sguardo triste. Il sottotitolo? “TikTok mi ha tolto il lavoro, ora servo patatine.”
Vittima o genio del marketing?
Nonostante il dramma, qualcuno sospetta che tutto questo sia solo una grande trovata pubblicitaria, una specie di “piangi e monetizza” o “chiagni e fotti” di italica vulgata. Del resto, la Reynolds non è nuova a contenuti controversi, come quando ha sfidato una donna a tuffarsi in un lago per poi scappare, lasciandola quasi annegare. Una cosa al limite dell’incoscienza.
Il paragone con Logan Paul è inevitabile: lo stesso mix di scandalo, spettacolo e strategia. L’importante, alla fine, è che se ne parli. Che sia amore o odio, ogni visualizzazione è una monetizzazione. E finché questo sistema funziona, ci sarà sempre qualcuno pronto a umiliarsi pubblicamente (o fare addirittura peggio) per un po’ di attenzione e (tanti) soldi.
Morale della favola?
Il confine tra tragedia digitale e sceneggiata 2.0 è ormai sottilissimo. Ma una cosa è certa: non si piange davanti a TikTok per caso. E mentre Natalie Reynolds cerca di “Tokkare” il cuore digitale dell’insensibile algoritmo, un nuovo profilo e forse un fazzoletto, noi restiamo qui, popcorn alla mano, a guardare l’ennesimo atto del grande reality che chiamiamo internet.