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ChatGPT perde a scacchi contro un Atari 2600 del 1977

Nel 2025 l’intelligenza artificiale può scrivere romanzi, programmare app, creare immagini e video con un realismo disarmante… ma non chiedetele di giocare decentemente a scacchi, visto che ChatGPT ha recentemente perso una partita dietro l’altra battuta da un Atari 2006.

Sì, parliamo proprio della console vintage del 1977 e del gioco Atari Chess del 1979, hardware e software di quasi mezzo secolo fa.

L’impietosa cronaca del fallimento di una delle più avanzate IA l’ha raccontata Robert Caruso, ingegnere informatico di Citrix, in un post su LinkedIn che sembra raccontare una sorta di reboot comico di War Games.

Tutto è iniziato quando Caruso ha lanciato una chat un cui discuteva con ChatGPT circa l’evoluzione dell’AI negli scacchi. Una “conversazione” tranquilla, altamente culturale, finché il chatbot di OpenAI si è fatto prendere letteralmente la man e ha volontariamente proposto una sfida ad Atari Chess. Dopotutto, che ci vuole? Mica sarà come J.O.S.H.U.A. che va nel pallone giocando a tris!

Uno scoglio insormontabile a 8 bit

Nonostante fosse stata opportunamente addestrata con promt dettagliati e istruzioni chiare per identificare i pezzi degli scacchi, ChatGPT ha subito dimostrato di non essere esattamente la reincarnazione digitale di Kasparov.

L’IA ha iniziato a inanellare una serie di svarioni: confondeva le torri con gli alfieri, perdeva il conto della posizione dei pezzi, faceva mosse non ammesse o illogiche e si lamentava delle icone “troppo astratte” dell’Atari.

Caruso, in un gesto di pietà, ha anche convertito tutto in notazione scacchistica standard. Ma niente da fare, ChatGPT ha continuato a fare errori da principiante, roba da esordiente totale.

Per un’ora e mezza, ChatGPT ha rimediato batoste e figuracce, arrivando persino a insistere che “si ricominciasse da capo, vinceremmo di sicuro”. Eh sì, l’IA frustrata ha anche iniziato a parlare di sé al plurale, e non quello maiestatis visto che c’erano in giro re e regine.

atari chess 1979

Nel frattempo, Atari piazzava uno sacco matto dietro l’altro

Niente IA generativa, niente autoapprendimento e  niente GPU da 5.000 euro. Solo qualche centimetro quadrato di transistor e condensatori oltre alla semplice forza bruta anni ’70: una macchina che non si scoraggia, non si lamenta e ti dà scacco matto con la calma di vecchietto che straccia tutti al parco.

A volte, il progresso non è lineare. E anche le IA ultramoderne e potenti possono inciampare su qualcosa di così “basic” che quasi fa tenerezza.

E se oggi ridiamo guardando una console 8-bit che umilia un cervellone digitale, forse è perché in fondo ci ricorda una semplice verità: l’esperienza e la specializzazione, anche quella codificata in pochi byte, conta ancora qualcosa.

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