Fin dal suo annuncio, Seven: the Days long gone ha saputo stuzzicare la mia curiosità. Dietro questo progetto si nascondono i nomi di Fool’s theory e IMGN.PRO, al cui interno figurano anche game developers che in passato hanno contribuito alla creazione di The Witcher e del suo mito. L’interesse nel titolo è semplicemente esploso quando ho scoperto che si trattava di un sandbox dall’ambientazione variegata e ricca di spunti presi da alcuni dei miei canoni letterari preferiti. Protagonista del gioco è il ladro Teriel, che diventa la pedina di un complicato piano ordito dall’imperatore di Vethrall, Drugun, e che lo costringe a entrare nell’isola-prigione di Peth.
Nella prigione sono detenuti tutti i criminali dell’impero, compresi coloro che non hanno altra colpa che essersi opposti anche pacificamente al regime. Guidati dal nostro demone Artanak , che diventerà nostro compagno di viaggio durante il tutorial, avremo modo di scoprire sempre nuovi dettagli della trama del gioco e della situazione del mondo, compresa la divisione del potere tra Technomaghi (che studiano i congegni delle ere perdute per recuperare conoscenze perdute) e Biomanti (congrega che spinge l’esser umano oltre i suoi limiti, in modi anche poco ortodossi, sfruttando la magia)
Seven: The days long gone è un interessante videogioco, afflitto però alcune problematiche
Il primo impatto con Seven: The days long gone è la pregevole intro, realizzata con una sorta di storia interattiva in cui scopriamo come il mondo in cui ci muoveremo contempli sia elementi magici che una componente cyberpunk. La struttura urbanistica della città in cui svolgeremo la prima parte del tutorial è, infatti, pesantemente ispirata da questa corrente della fantascienza, come possiamo notare dall’uso delle illuminazioni o dal alcune strumentazioni con cui potremo interagire.
In questa prima fase, possiamo già notare uno dei punti più interessanti del titolo, ossia la gestione dei dialoghi. Per aiutare il giocatore a non perdere mai di vista il mondo di gioco, Seven: The days long gone tratta le nostre conversazioni come una chat, facendo comparire su un lato dello schermo l’intera conversazione, con le singole battute racchiuse da fumetti. Idea nuova, carina, che dona un tratto di originalità al titolo.
Il tutorial serve però a mettere subito in chiaro come sarà la nostra esperienza di gioco. Teriel è un ladro e come tale fa dei furtività ed agilità i suoi punti forti. Nella mia prima partita ho cercato di usare la tastiera per guidare il mio alter ego digitale, ma ho abbandonato subito i tasti per rifugiarmi nella comodità di un pad. Seven è pensato per esser dinamico, agile ed il nostro protagonista incarna in pieno questa concezione. Il pad ha una reattività e praticità che, in questo caso, lo rendo il device di controllo ideale.
Parlando di furtività, entriamo nel vivo del gioco. La volontà degli sviluppatori è di creare uno stealth game acrobatico, portandoci ad evitare gli scontri fisici il più possibile. Esplorare il terreno di gioco è essenziale, per trovare ripari o strade alternative, grazie anche ad un buono sviluppo verticale delle mappe di gioco. Teriel, muovendosi, genera rumore, può esser scoperto dalle guardie (che hanno un IA dignitosa), portandoci quindi a tenere un approccio tattico e discreto, camminando spesso accovacciati e cercando di sfruttare il più possibile le coperture offerte da cespugli o casse.
Per me che non sono un esperto di stealth game, inizialmente Seven: the days long gone è stato un attimo ostico. Nonostante il titolo non sia incredibilmente impegnativo, ho dovuto sforzarmi un po’ ad entrare nell’ottica di gioco, ma devo confessare che alla fine ero intrigato da questo approccio. Fool’s Theory ha saputo mettere in campo alcune interessanti trovate, come lo scorrere del tempo durante le operazioni di scasso hacking, aspetti che solitamente in altri titoli hanno la curiosa tendenza a bloccare il tempo. Questa scelta aumenta la sensazione di realismo, oltre a spingerci come pianificare ogni nostra mossa.
Interessante anche il minigioco dell’hacking, un percorso ad ostacoli digitali, dove dovremo raggiungere l’altro lato dello schermo del terminale evitando i blocchi digitali che tenteranno di fermarci. Carino, intuitivo ed originale.
Tutto questo viene bilanciato da un combat system che penalizza gli scontri. Teriel non è fatto per combattere più di un avversario alla volta, ed anche in questo caso l’esito non è scontato. Dotato di due attacchi, di cui uno speciale, e di una schivata, il nostro ladro è lento (curioso data la sua agilità), e in base al tipo di armatura questa lentezza diventa esasperante. All’interno dell’impostazione di Seven: the day long gone questa scelta sembra incoerente con un agile ladro, ma è funzionale allo sforzo di portarci a vivere un’esperienza stealth. Una tendenza che viene arricchita dalla possibilità di spogliare i nemici battuti e travestirci, passando inosservati anche in mezzo a gruppi di nemici. In caso di travestimento è d’obbligo camminare, o la nostra fretta diventa motivo di sospetto per gli avversari; non saprei se si tratta di una scelta voluta dagli sviluppatori o se è uno dei diversi bug che affliggono il gioco, ma è uno dei dettagli che mi ha meno convinto del gioco.
Seven: the days long gone è sostanzialmente un action-rpg, e il nostro Teriel acquista livelli, come da copione. Anziché spendere punti esperienza, in questo caso possiamo usare dei chip di potenziamento, soggetti ad upgrade, che si sostituiscono in modo interessante alle classiche skills e caratteristiche del personaggio.
Molto interessante anche il crafting, un po’ ostico da padroneggiare all’inizio, ma che consente di creare diversi oggetti utili per la nostra progressione, complice la possibilità di ridurre praticamente ogni oggetto a materia prima utile per il crafting.
Visto così, Seven: the days long gone sembra esser un gioco perfetto. Peccato che alla lunga iniziano a farsi sempre più evidenti i problemi di questo titolo. In primis, un numero incredibili di bug e difetti a cui gli sviluppatori stanno mettendo rimedio in modo tempestivo con numerose patch, ma che sono ancora una vera spina nel fianco dei giocatori.
Anche disponendo di una macchina da gioco con requisiti ampiamente superiori, Seven perde di fluidità, arrivando al punto di venire colpito da rallentamenti impressionanti. È un vero peccato, perché il mondo di gioco è graficamente spettacolare, semplice ma ben definito, con un uso ragionato del cell-shading. A poco serve ridurre la qualità grafica, il difetto permane ed in alcuni momenti diventa davvero impossibile compiere le azioni necessarie, con la sensazione di giocare anche contro la lag.
Altro grosso limite è la visuale. Data la intrigante espansione verticale delle mappe, sarebbe bene poter avere una rapida visione del terreno, ma le impostazioni spesso rendono complicato trovare quei punti di accesso verticale che ci permettono di proseguire. A volte, invece, capita di trovare una scappatoia non prevista dallo script della missione, si esce dalla zone limitata per la quest… e non possiamo più rientrare. Salvare spesso in Seven : The days long gone è essenziale!
Queste ultimi annotazioni sono un peccato, perché nell’idea e nella costruzione delle ambientazioni, Seven: the days long gone è un titolo ricco di ottimi spunti, gestiti anche con passione ed attenzione. Tutto ciò viene vanificato da quella che sembra una fretta incredibile nell’arrivare su Steam. Una cura più attenta ad alcuni dettagli, come un miglior sistema di salvataggi, avrebbe sicuramente dato un maggior carisma a questo titolo. La tempestività con cui escono le patch che dovrebbero porre rimedio a questi problemi sono segno che gli sviluppatori intendono rimediare ai loro errori, ma certe brutture si potrebbero evitare fin dall’inizio, preferendo la cura al dettaglio ad un incasso anzitempo.