Gli scienziati della Thackeray Wildlife Foundation hanno annunciato la scoperta della Lagocheilus hayaomiyazakii sp. nov., una nuova specie di chiocciola trovata nelle foreste sempreverdi della regione di Tilari, nel distretto indiano di Kolhapur. Il suo nome? Un omaggio ad Hayao Miyazaki, il celebre regista giapponese che della connessione tra uomo e natura ha fatto il cuore pulsante dei suoi anime.
E sì, questa creatura è davvero “pelosa”: niente folte e morbide pellicce come Totoro, ma minuscoli peli che rivestono il guscio della chiocciola, un dettaglio che la rende immediatamente riconoscibile e che ci fa pensare subito alle creature di Nausicaä della Valle del vento.
Il lato otaku della malacologia
La descrizione ufficiale della specie è stata pubblicata il 14 ottobre sul Journal of Conchology della Conchological Society of Great Britain and Ireland.
Dietro questo colpo di scena biologico ci sono i ricercatori Amrut Bhosale, Tejas Thackeray, Swapnil Pawar, Akshay Khandekar e Dinarzarde Raheem dell’Università di Rajarata (Sri Lanka).
Secondo Bhosale, questa piccola chiocciola abita le zone sempreverdi del Tilari, mimetizzandosi tra rocce e cumuli di foglie: un habitat degno di quelle foreste misteriose che Miyazaki disegna come se fossero portali per spiriti antichi. E in effetti, la scoperta porta con sé qualcosa di magico: è la prima volta che il genere Lagocheilus viene segnalato nei Ghats occidentali settentrionali, un’estensione di ben 540 km oltre la sua distribuzione conosciuta.
Una specie minuscola, una responsabilità enorme
Tejas Thackeray sottolinea, però, anche la parte meno poetica della storia: il suo habitat è piccolo, fragile e minacciato. Incendi, deforestazione e attività umane stanno mettendo sotto pressione l’intera area, e il rischio di perdere questa specie prima ancora di comprenderla è più reale di quanto vorremmo.
Anche una minuscola lumaca può raccontare molto su un ecosistema. A volte sono proprio le creature più piccole a essere sentinelle silenziose della salute di una foresta.
Per questo i ricercatori chiedono più studi, più attenzione e più protezione.
Insomma: un po’ dello “spirito della foresta” di Principessa Mononoke servirebbe anche nel mondo reale.


