Animosity: La Città Fortezza – Recensione

SaldaPress riporta in fumetteria, con il quarto volume intitolato La Città Fortezza, Animosity il racconto animalista post-apocalittico di Marguerite Bennett per la scuderia Image Comics.

Ancora una volta saranno gli animali a mettere a nudo pregi, difetti e tutte le contraddizioni della società e dell’animo umano.

Continua l’avventura di Jesse e Sandor, che stanno attraversando gli Stati Uniti, per andare alla ricerca di Adam  cioè il fratello di Jesse.

La recensione di Animosity: La Città Fortezza, il quarto volume della splendida avventura scritta da Marguerite Bonnet e disegnata da Rafael De Latorre

Nel quarto volume della saga tutto ruota attorno a un tradimento: Jesse viene rapita da qualcuno di cui si fidava e a cui ha sempre voluto bene. Sandor segue le tracce di sangue che lo conducono verso la temuta Città Fortificata, dove ciò che rimane della civiltà umana si è riorganizzato sulla base di un potere terribile e dispotico, che esclude del tutto gli animali. Jesse deve usare tutta la propria astuzia per destreggiarsi in un contesto tanto ostile e riuscire a strappare Jesse dalle grinfie dei suoi rapitori umani.

Il rapimento allontana momentaneamente Jesse dalla sua missione e dal suo fidato amico Sandor, per portarla a conoscere la comunità umana che si è rifugiata e riorganizzata nella città fortezza. Dopo tanti pericoli e tanto scappare questo sembra un rifugio finalmente sicuro per Jesse, un luogo dove potere ritrovare una certa normalità. Ma nel mondo di Animosity dopo il risveglio le cose sono raramente come appaiono. Il conflitto nato tra essere umani ed animali non ha infatti solo fatto della città fortezza un santuario inaccessibile agli animali se non in catene, ma ha anche convinto la direttrice della comunità della città fortezza, che la salvezza della razza umana richieda decisione drastiche.

Il bene e il male diventano quasi indistinguibili

La distinzione tra il bene e il male, tra ciò che sia giusto o ingiusto, diviene così sottile, quasi evanescente, dietro le mura della città fortezza, con gli animali che subiscono le ritorsioni dell’umanità ferita, e gli stessi ospiti umani rassegnati a subire le decisioni e le punizioni crudeli ed insensate della direttrice. Tutto in nome di un bene superiore del quale ormai in molti hanno ormai perso il vero significato. Quella che vuole essere la sola salvezza per i sopravvissuti umani, la base per una nuova società , diviene presto una nuova prigione, l’ennesima prova forse che la rabbia degli animali nei nostri confronti sia tutt’altro che ingiustificata.

Animali che a loro volta si stanno organizzando formando comunità anch’esse con le loro luci e le loro ombre.

 

La Bennet sembra volere giocare molto su questa possibilità di reinventare il tessuto sociale, esplorando  le possibili combinazioni, virtuose o deplorevoli che esse possano essere, di come uomini, animali (o entrambi) possano riorganizzarsi in una comunità. E se questo tema era già  presente negli altri volumi di Animosity, è in questo quarto capitolo che diviene centrale, fino a costituire l’anima portante del racconto Città Fortezza.

Se infatti nei volumi precedenti la componente narrativa era estremamente dinamica, con colpi di scena, inseguimenti ed una fuga attraverso il cuore degli Stati Uniti, l’ambientazione di questo ultimo capitolo di Animosity è estremamente statica, concentrando la quasi totalità del racconto in uno spazio fisico e temporale  ben delimitato: una casa fortezza col giardino che la circonda e un solo giorno.

La Bennet decide quasi di prendersi una pausa per potere approfondire le implicazioni che i recenti cambiamenti hanno portato alla società umana, ma anche per svelare il passato di uno dei personaggi che hanno accompagnato Jesse. E nuovamente la storia di questo passato è l’occasione per mostrarci i tanti volti, accoglienti od egoisti, che può avere l’umanità.

La nascita di un mondo nuovo, forse migliore, dal crollo della società umana

Come già detto in Animosity non è però solo la natura della razza umana ad essere messo in discussione, ma anche l’uso che gli animali fanno del loro appena conquistato libero arbitrio. Il risveglio, donando voce e coscienza agli animali, non ha soltanto dato inizio al crollo della società umana, ma ha posto le basi per la ricostruzione di un mondo nuovo, possibilmente migliore. La qualità sociale e morale di questo nuovo mondo dipenderà esclusivamente dalle scelte che uomini e animali faranno.

Un ammonimento sicuramente saggio e ben reso nella trama di Animosity: La Città Fortezza ma che forse non si contraddistingue a mio avviso per una sua forte originalità. Lo stesso espediente narrativo di orwelliana memoria di usare la coscienza animale come specchio dove scrutare l’animo umano è stato già più volte ripreso sia in letteratura che al cinema (Il pianeta delle scimmie giusto per citare un altro classico).

Il pregio del testo di Bennet come dei disegni di Rafael De Latorre e Ornella Savarese, diviene allora non tanto quello di stupire il lettore con una storia nuova (anche se come detto i colpi di scenda non mancano), ma quello di sapere rendere una storia che sarebbe potuta facilmente risultare banale e scontata, divertente e avvincente.

Anche se la condanna all’uso distorto tanto del potere, quanto dell’amore, assume in alcuni tratti di questo quarto volume di Animosity una connotazione eccessivamente paternalistica e moralista (ma comunque sempre attuale), bisogna riconoscere che ciò non toglie mordente alla storia di Jesse e Sandor. Come detto, parte del merito di questo potere narrativo è da attribuire anche alla veste grafica di Animosity: La Città Fortezza e dal suo tratto chiaro e realistico, in grado di far sentire il lettore vicino all’azione accompagnando egregiamente il susseguirsi della storia.