Meglio di noi: la fantascienza russa arriva su Netflix – Recensione

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L’interazione uomo-macchina, le intelligenze artificiali e la difficile convivenza tra uomo e robot sono da sempre parte essenziale della fantascienza, sia letteraria che cinematografica. Elencare le opere che la hanno sviscerata e analizzata in ogni sua declinazione sarebbe quasi impossibile, eppure il fascino di questa tematica continua a stimolare la curiosità di scrittori e sceneggiatori. Meglio di noi è solo l’ultima serie a confrontarsi con questo tema, e si è presentata al pubblico di Netflix lo scorso 16 agosto.

La fantascienza russa arricchisce il palinsesto di Netflix con Meglio di noi

Meglio di noi, oltre ad interessare per la base narrativa, è un punto di svolta per Netflix, che per la prima volta inserisce nel proprio palinsesto una serie TV russa.  La serie robotica, infatti, nasce come una produzione congiunta dei colossi dell’entertainment russo Yellow, Black and White e Sputnik Vostok Production, su richiesta dell’emittente Channel 1 e del canale video online Start. Ed è proprio su Start che va in onda il primo episodio nel novembre 2018, con un successo che spinge Netflix a proporsi come distributore interazionale per il mercato estero, con l’esclusione della sola Cina, presentando Meglio di noi sotto il bollino di Netflix Original.

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Scelta coraggiosa, ma che si basa anche sulla fiducia nella nuova narrativa dell’Est Europa. Se per diversi anni ci si è mossi nella sicurezza che la narrativa fantascientifica e fantasy trovassero la massima espressione in autori americani ed europei, il successo di autori come Luk’janenko (la Saga dei Guardiani), Sapkowski (The Witcher, presto serie Netflix dopo il successo nel mondo gaming) o Glukhovsky (la Saga di Metro) ha mostrato come anche nell’ex blocco sovietico si possano trovare opere di letteratura ugualmente appassionanti e meritevoli di considerazioni.

Meglio di noi potrebbe essere una rivelazione simile nel contesto delle serie TV. Come sempre, Netflix è alla ricerca spasmodica di contenuti per dare solidità al proprio catalogo, e la presenza di produzioni nate in paesi solitamente poco considerati per serie di fantascienza (come la Germania di Dark) ha sino ad ora pagato di termini di successo presso gli abbonati, surclassando anche prodotti nati in nazioni solitamente ‘sicure’, come il recente (e deludente) Another Life.

La serie fantascientifica russa si presenta come un’interessante variazione sul tema dell’integrazione uomo macchina.  Non è un caso che il primo elemento che ci viene mostrato dalla serie sia un ripasso sulle Tre Leggi della Robotica, la canonizzazione del rapporto uomo-macchina creata decenni fa dal padre dei robot moderni, Isaac Asimov. Scelta intelligente, che cerca di far leva sulla curiosità degli appassionati di Asimov, oltre a presentarsi sotto una chiave ‘autorevole’, come a voler promettere una contestualizzazione della robotica che si basi sulla concezione di una riconosciuta autorità

Nella Russia futura, i robot sono oramai una presenza quotidiana, sia nella versione classica di uomini meccanici che in quella di androidi sempre più vicini all’uomo, con robot dalle fattezze inquietantemente umane.

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Inevitabilmente, nasce un movimento di opposizione a questa umanizzazione dei robot, che li vede come un pericoloso declino della sensibilità umana. Il primo episodio di Meglio di noi non si fa scrupoli nell’introdurre subito questo contrasto, mostrato in un talk show in cui intervengono il leader del movimento anti-robot e il titolare della Cronos, industria leader nella produzione di robot umanoidi.

La complessa dinamica sociale e i dubbi morali che serpeggiano nella società della Russia futura sono presentati con posizioni nette, che forniscono subito allo spettatore chiare indicazioni sui due fronti che lottano per trovare una posizione dei robot all’interno del tessuto sociale.

E non esiste modo migliore di mostrare questo divario portandoci direttamente nella vita di chi costantemente vive questa situazione.

Il patologo Georgy Safronov (Kirill Käro) ha una certa reticenza nell’utilizzare i robot, che non considera altro che semplici oggetti, dei puri strumenti. Personaggio che appare fuori dal tempo, cinico e disincantato, Georgy deve affrontare anche le conseguenze di un difficile divorzio dalla moglie Alla, con in palio l’affido dei due figli, il sedicenne Egor e la piccola Sonya.

Proprio quest’ultima entra in contatto con Arisa (Paulina Adreeva), ginoide di ultima gestione fuggita dalla sede della Cronos, dopo esser stata al centro di un delitto. Reato che potrebbe mostrarsi letale per l’integrazione dei robot, dato che la loro presenza nella società si basa sul fatto che non possano nuocere agli uomini, almeno secondo le Tre Leggi della Robotica.

Il rapporto che si instaura tra Arisa e Sonya si sviluppa in modo avvincente, con la bambina che diventa il modo in cui la ginoide impara a conoscere il mondo e a relazionarsi con esso. Il tutto intrecciandosi con le vicissitudini  dei personaggi, che vedono le proprie vite convergere intorno alla figura di Arisa, che diventa il catalizzatore di una serie di eventi che cambiano radicalmente la vita dei protagonisti.

Le premesse di Meglio di noi, sulla carta, sono ottime, e anche al termine della visione dei sedici episodi che compongono la prima stagione la sensazione è quella di avere assistito ad una storia di fantascienza credibile, nella sua semplicità. Sarebbe ingiusto non riscontrare in Meglio di noi la pesante influenza di altre opere cinematografiche che hanno trattato questo tema (in primis l’Io, robot con Will Smith), che inevitabilmente potrebbero far pensare ad una scopiazzatura, più che ad un racconto nuovo.

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In realtà, l’aver calato questo tema robotico in una quotidianità futura, ma non troppo, rende l’esperienza quanto meno interessante. Il tessuto sociale russo viene costruito con empatia, un po’ rigido in alcuni passaggi, con qualche concessione alle tendenze del mondo seriale occidentale, ma mantiene una propria identità. Complice l’aver integrato gli elementi futuristici, specialmente quegli urbani, in modo credibile, senza voler cedere a citazionismi sfrenati o esagerazioni hollywoodiane. Scelta che avvolge lo spettatore e lo fa sentire parte di una realtà credibile e futuribile, sensazione che dona ulteriore sostanza alla storia.

Meglio di noi compie una piccola imprecisione nel citare inizialmente Asimov e perdere il focus sulle Tre Leggi in alcuni momenti centrali della storia. La figura di Arisa comprensibilmente può muoversi oltre i limiti imposti dalla teoria di Asimov, come è giusto che sia, ma gli altri robot e androidi a volte assumono atteggiamenti, spesso a fini narrativi, che potrebbero far storcere il naso ai puristi di Asimov.

Il tutto, comunque, va ricondotto ad una serie che nasce in una nazione che ha idee ed impostazioni narrative differenti rispetto alla tradizione seriale americana. Si deve quindi accettare una tecnologia più scarna, spesso più mirata al riciclo e alla solidità dell’utilizzo pratico, privo di fronzoli, come da tradizione sovietica. È una differente visione che appassiona, il vero elemento di rottura con le altre produzioni iperdettagliate e tecnologicamente spinte che si vedono solitamente nelle serie TV.

Meglio di noi, nella sua evidente semplicità, riesce a raggiungere l’obiettivo di intrattenere con una storia di fantascienza dal sapore classico ma rielaborata in una visione differente e più credibile, nella sua connotazione urbana e quotidiana.