Oudeis Omnibus: perdersi per ritrovarsi – Recensione

Era il 2016 quando il buon Carmine Di Giandomenico entrò nel Guinness dei Primati realizzando ben 56 tavole in 48 ore e concludendo Oudeis, la sua opera prima come scrittore e disegnatore.

Ora Oudeis si presenta, grazie a saldaPress, con una raccolta in una bellissima edizione omnibus contenente i primi due capitoli (rispettivamente del 2004 e del 2008) e il finale disegnato a Teramo Heroes ed entrato nel libro dei record.

Oudeis è una vera e propria Odissea ambientata in un mondo sci-fi, in una sorta di delirio del protagonista che deve ritrovare il proprio passato e sé stesso

È davvero difficile parlare di quest’opera senza il pericolo di tralasciare qualcosa, una vera e propria Odissea ambientata in un mondo sci-fi, in una sorta di delirio del protagonista dal nome omonimo (che in greco significa proprio “Nessuno“), che deve ritrovare il proprio passato e sé stesso.

Oudeis Sarebbe dovuto durare 10 anni, come il viaggio di Ulisse, un anno per volume, ma gli impegni dell’autore hanno impedito la realizzazione di questo progetto a lungo termine.

Tuttavia nulla esclude che, prima o poi, l’opera possa essere integrata con altri nuovi capitoli.

Uno dei temi principali di Oudeis è la perdita.

Perdita di sé stessi, perdita della via di casa, perdita del contatto con la realtà e anche io, per primo, mi sono inizialmente perso nella lettura inizialmente confusa, apparentemente sconclusionata, strana, pure troppo per i miei gusti.

Sentivo, però, c’era qualcosa di più, che tutto doveva ricondurre a qualcosa di più sensato e con un filo più logico.

Forse l’unico modo per trovare il senso della lettura è proprio perdersi, lasciarsi andare alla corrente delle parole che scorrono nelle pagine, alle pennellate di colore e cercare di farsi trascinare finché non sarà proprio la storia a portarci alla fine della stessa.

Se il primo volume può sembrarci un po’ confuso, con l’avvento del secondo iniziamo ad unire i puntini, trovando molte più analogie con l’opera originale di Omero rendendo Oudeis più comprensibile, nonostante non si riesca mai a capire se quello che stiamo vedendo è reale o è solo frutto della pazzia di Oudeis: la storia è effettivamente una rivisitazione in chiave sci-fi dell’Odissea? Oppure è la follia del protagonista che vede cose che in realtà non appartengono al suo mondo? Può il solo Ego spingere il nostro protagonista ad andare avanti?

Il secondo capitolo inizia a fare un po’ più di chiarezza sulla storia di Oudeis.

Ma è il capitolo finale che più mi ha stretto il cuore: Ulisse, una volta recuperato il senno, ricorda il suo nome, da dove arriva e ritrova la rotta per Itaca, chiedendosi anche lui, come noi, se sia tutto reale o solo frutto della sua immaginazione.

Il percepire sensazioni a lui familiari come il vento tra i capelli, le spighe di grano che gli accarezzano il corpo a confermargli che è veramente ritornato a casa.

La fine di un viaggio che abbiamo in un certo senso compiuto anche noi, ci dona un senso di pace e malinconia allo stesso tempo, a noi come al nostro protagonista, specialmente nel ricongiungimento col suo cane Argo (che come nel racconto mitologico, muore dopo aver riconosciuto e accolto il padrone) e con la moglie Penelope, segnata dall’età e lasciata sola dal figlio, partito per cercare il padre, in balia dei Proci.

Oudeis Omnibus mostra come il lavoro di Carmine di Giandomenico sia un’opera prima che è cresciuta nel corso degli anni, con un capitolo iniziale un po’ confuso, ma con una conclusione meravigliosa.

Se in un primo momento mi ha spiazzato, mi ha poi conquistato con la sua profondità e concretezza, anche se ammetto che ho avuto il piacere di rileggerlo un’ulteriore volta, apprezzandolo ancor di più e riuscendo a recuperare interamente il senso della storia.

Dopotutto è necessario perdersi completamente e più volte prima di ritrovare la strada giusta.