Black Mirror 4×02: Arkangel – Recensione

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Giusto ieri ci siamo addentrati nella nuova stagione di Black Mirror, con il primo episodio, U.S.S. Callister. Per non bruciarci subito questa manciata di episodi della nuova stagione del serial di Netflix, ci siamo decisi a gustarcene uno al giorno, come fossero un film. Il formato classico da serie britannica agevola questa fruizione, vista la durata più lunga rispetto ad un corrispettivo italiano o d’oltreoceano.

Il secondo episodio di questa quarta stagione di Black Mirror mi stava incuriosendo parecchio, vista che sulla poltrona della regista si è seduta nientemeno che Jodie Foster. Non è la prima volta che la Foster dirige un episodio del serial, avendo prestato la propria opera in tal senso anche ad altre serie di richiamo, come House of Cards e Orange is the new black. Cimentarsi con un prodotto particolare come Black Mirror, caratterizzato da un’impostazione aperta e particolarmente ibrida, è una sfida che credo possa stuzzicare la creatività di un regista.

Black Mirror affronta un delicatissimo tema nel suo episodio Arkangel, con la regia di Jodie Foster!

Arkangel, in tal senso, è un episodio particolare di Black Mirror. Dopo la dimensione mista di parodia e introspezione vista in U.S.S. Callister, mi sarei atteso un tono narrativo che fosse più o meno in linea, ma la Foster e Charlie Brooker sembrano voler tornare alle atmosfere tipiche della serie. Permane il punto di sostegno fantascientifico alla trama, ma il tema è incredibilmente quotidiano e denota una profonda ricerca per questo episodio.

In America sono definiti helicopter parents, ossia genitori elicottero. Si tratta di un richiamo ad una definizione coniata nel 1969 dal dottor Ginott nel suo Parents & Teenager, e indica quei genitori che esercitano un controllo totale su ogni aspetto della vita dei propri figli, in maniera spesso ossessiva. La genitorialità non è una fase facile, l’istinto di protezione per i propri figli è uno dei richiami più forti, e spesso questo difficile rapporto è stato oggetto di opere letterarie o cinematografiche, basti ricordare la figura della signora Kaspbrak nell’It di Stephen King.

Black Mirror affronta questo tema con Arkangel, titolo che fa riferimento ad un particolare dispositivo tecnologico (il supporto narrativo tipico del serial) che consente ad una madre apprensiva di poter controllare la figlia tramite un tablet, collegato ad un microchip inserito all’interno del suo cervello.

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La scelta di imporre questo claustrofobico controllo nasce in seguito ad un comunissimo evento: aver perso di vista la figlioletta di tre anni al parco. La bambina svanisce per parecchio tempo, instillando nella madre il terrore puro, reale. Questo primo passo di Arkangel colpisce perché affonda le radici in una delle paure quotidiane di un genitore. La struttura di questo episodio è studiata per creare un legame incredibilmente forte tra lo spettatore e i protagonisti, ma questa sinergia rischia di scemare se davanti allo schermo si trova qualcuno che non ha dimistichezza con la genitorialità e i relativi dilemmi.

Il tono di Arkangel è nel tipico stile Black Mirror, ma è focalizzato su un tema così specifico che, per quanto ottimamente gestito, rischia di non attrarre l’attenzione di spettatori che potrebbero gradire maggiormente tematiche più ampie, come accaduto in U.S.S. Callister. È un peccato, perché l’episodio in questione è curato e ideato in modo accorto sotto ogni aspetto.

Fin dai primi istanti quello che sorprende è l’utilizzo di una colonna sonora particolare, quasi un brusio in alcune situazione che accresce la tensione emotiva, come a sottolineare il forte contesto della storia. Si tratta dell’ennesimo strumento utilizzato per dare vita alle due protagoniste, madre e figlia, coinvolte in un percorso distruttivo che nasce da un eccessivo istinto protettivo, capace di ottenere l’esito opposto.

La maniacale necessità di sicurezza della madre rende la figlia una persona incapace di comprendere concetti come giusto o sbagliato, le impedisce una crescita emotiva normale che si ripercuote anche quando la giovane viene liberata da questo controllo ossessivo. Dopo esser stata ‘protetta‘ dalla madre tramite una vera e propria censura su cosa potesse apprendere, sperimentare e confrontarsi, la ragazzina ha una sorta di estraniamento sociale, a cui cerca di trovare una soluzione nella seconda parte dell’episodio.

Black Mirror arkangel
Black Mirror

La rivelazione di Arkangel è come spesso l’errore di un genitore, in buona fede, sia di intervenire direttamente sulla vita dei propri figli, aggirando la soluzione migliore: il dialogo. In nessuna situazione la madre pensa di affrontare e dialogare con la figlia, ma pianifica, controlla, agisce alle sue spalle. La denuncia al diritto di autodeterminazione, che passa anche dagli errori, è palese, Arkangel è un invito a lasciare ai nostri figli una libertà che consenta loro, sempre con una presenza genitoriale costante ma equilibrata, di sperimentare, vivere, prendendo familiarità con il libero arbitrio e la sua conseguenza principale, la responsabilità di sé e delle proprie azioni. Il tema di Akangel è sicuramente complesso e interessante, presentato in modo coinvolgente tramite la crescita di Sarah, ed il suo tardivo sviluppo emotivo. Ironico che sia proprio la prima azione da teenager ribelle, una frottola che molti di noi hanno raccontato, a far crollare l’apparente normalità raggiunta, facendo ripiombare la madre nella sua fobia del controllo.

La Foster dirige con occhio attento, valorizza la trama con inquadrature che riescono a passare agevolmente dal dettaglio al campo largo, cogliendo in pieno la tensione del momento. Alcuni attimi sono stile puro, specchio perfetto della pressione emotiva dei protagonisti e della fatica della loro situazione. Complice una fotografia piuttosto fredda, ci crea un’empatia virata principalmente al lato più teso di questa storia, che lascia poco spazio ad aspetti sereni, normali.

La minaccia della tecnologia, una delle basi di Black Mirror, campeggia anche in Arkangel, che ne mostra l’usco erroneo come uno dei rischi più comuni e provocanti del nostro presente. Episodio decisamente diverso da U.S.S. Callister, Arkangel si riaccosta maggiormente allo stile tipico di Black Mirror, ma, nonostante la presenza di un’ispirata Foster, sembra non aver ancora ritrovato la chiave narrativa vincente che aveva consacrato le prime due stagioni.