Helloween: Pumpkins United Tour, la nostra esperienza alla data milanese!

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Siamo stati al concerto degli Helloween di Milano, unica tappa italiana del Pumpkins United Tour!

Sabato 18 Novembre il Mediolanum Forum di Milano si è letteralmente infiammato per uno degli eventi live più attesi dell’anno, soprattutto per gli appassionati di musica heavy metal: il concerto degli Helloween in occasione del Pumpkins United Tour. E potevamo noi non esser presenti, vista la passione per la musica che ci anima?

Piccola premessa per chi non ne fosse al corrente: gli Helloween sono una band di Amburgo che è stata la fondatrice del sottogenere power metal e che è esplosa alla fine degli anni ’80 con un’accoppiata di album vincente: Keeper of the seven keys – part 1 e Keeper of the seven keys – part 2.

Gran parte del successo di quegli album è dovuto non solo all’altissima qualità delle canzoni, ma anche alla voce dell’allora giovanissimo Michael Kiske. Poi negli anni ’90 avvenne il patatrac: il chitarrista Kai Hansen, peraltro cantante del primissimo album Walls of Jericho, si stufa della continua vita di tour e lascia la band per fondarne una tutta sua, i Gamma Ray; il cantante Michael Kiske litiga con tutti, rilascia dichiarazioni molto controverse e prende il volo, lanciandosi in una carriera solista che definire altalenante è dir poco; infine, il batterista Ingo Schwichtenberg, già sofferente per problemi mentali e abuso di droghe, decide di farla finita buttandosi sotto un treno. La band tuttavia non si ferma. Reclutato un nuovo cantante, Andi Deris e nuovi musicisti, la band inanella un album dopo l’altro: Master of the ring, The time of the Oath e Better than raw, arrivando agli anni 2000 con la rinascita artistica ormai perfettamente compiuta. Poi si sa, le mode passano, nuove promesse si affacciano sulla scena e i vecchi leoni sembrano perdere terreno.

Inevitabile, dunque, la reunion del secolo: i grandi ex Kai Hansen e Michael Kiske si riuniscono agli Helloween in questo tour in cui si va a ripercorrere l’intera (o quasi) carriera della band.

Sgombriamo subito il campo da equivoci: nessuno, neppure il fan più smaliziato, ha mai creduto neppure per un secondo alla favola del rinato amore tra Kiske e Michael Weikath, chitarrista della band e co-fondatore di essa. Molto più prosaicamente, gli Helloween avevano nuovamente perso smalto, i Gamma Ray pure, gli Unisonic creati da Hansen e Kiske non sono mai decollati e quindi l’unico modo per portare a casa la pagnotta è stato quello di tornare insieme in questo tour celebrativo.

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E sapete che c’è? Chissenefrega!

Trovarsi di fronte alla Storia del metal, benché ora i capelli siano più grigi o siano caduti del tutto, oppure i fisici tonici degli anni giovanili abbiamo ormai ceduto il passo alla pancetta tipica della mezza età, gli Helloween vecchi e nuovi hanno fatto fuoco e fiamme, trasformando un semplice concerto in una vera e propria festa.

Alle 20:30 le luci si sono spente di botto ed è partita Halloween, dal primo, stupendo Keeper. Tredici minuti di canzone, un’autentica opera metal cantata a due voci, Kiske e Deris. Peculiarità dell’intero concerto è che i due cantanti, oltre ad alternarsi alla voce nei singoli brani, hanno duettato sui grandi classici della band. A onor del vero, nelle quasi tre ore di scaletta, si è dato molto più peso al periodo anni ’80 e ’90 della band che a quello successivo. Un gran peccato perché, a parere di chi scrive, gli Helloween hanno mantenuto un altissimo livello qualitativo anche negli album più recenti. Caratteristica del concerto che ha contribuito enormemente al trascinarsi dell’evento per tre ore, sono stati i video presentati sul maxischermo dietro al palco. Filmati divertenti, ma che hanno contribuito all’impressione di avere assistito più ad uno show (nel senso americano del termine) che ad un concerto vero e proprio. Per fortuna al termine di ogni video si ripartiva con un altro brano, e poi un altro ancora e così via fino alla fine.

Va detto che dal confronto, inevitabile, fra lui e Andi Deris, il secondo vince a mani basse. Kiske è stato lontano dalle scene per tanto tempo, aveva anche abbandonato la scena metal, mentre Deris è sostanzialmente sempre stato in tournée ed è perfettamente a suo agio nell’interazione con il pubblico. Anche a livello vocale, la prova di Deris è stata migliore di quella di Kiske.

Nelle settimane precedenti al concerto sono state diffuse parecchie voci, poi confermate, sull’uso di playback da parte di Michael Kiske. Beh, se a Milano gli aiutini ci sono stati, sono stati mascherati e molto discreti. Kiske ha chiaramente fatto fatica nei brani più potenti come I’m alive o A tale that wasn’t right, peraltro prendendo pure qualche stecca, ma c’è comunque l’apprezzamento per aver assistito ad una performance più o meno onesta e genuina.

Il momento più classicamente metallico è stato quando Kai Hansen ha preso in mano il microfono per eseguire un roboante medley composto da Starlight, Ride the sky, Judas e Heavy metal is the law, tre brani provenienti dal debutto Walls of Jericho che, come detto, è stato cantato proprio da Hansen.

Il frangente più toccante, invece, è stato il tributo al defunto batterista Ingo: sullo schermo è stato proiettato un suo assolo di batteria suonato invece live dall’attuale batterista Dan Loble.

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Tra un brano (e un video) e l’altro si arriva alla fine con un poker da urlo tutto proveniente dal secondo Keeper: la potente Eagle fly free (praticamente l’inno degli appassionati del power metal), la mastodontica Keeper of the seven key, anche lei tredici minuti di canzone come l’apripista Halloween, le saltellanti Future World e I want out chiudono le tre ore di concerto tra coriandoli, palloncini e feste varie.

L’impressione finale è quella di avere assistito a un evento memorabile, un autentico tributo al metallo che fu e alla celebrazione di una band simbolo del genere. I brani in scaletta sono stati tutti ottimi, non ne è stato sbagliato uno e l’esecuzione dei musicisti è stata praticamente perfetta. Io avrei preferito che Dr. Stein, secondo brano in scaletta, fosse stato spostato in chiusura, dato che lo ritengo adattissimo a concludere un concerto, ma in fondo va anche bene così.

Il lato negativo, benché piuttosto marginale, è la sensazione pressoché totale di aver assistito a uno show studiato nei minimi dettagli, pieno di pause ed intermezzi, insomma costruito a tavolino. Non che sia per forza un male, anzi, praticamente tutti i grandi concerti sono fatti così, ma qui è stato letteralmente spiattellato in faccia allo spettatore.

Naturalmente si tratta del solito discorso di uno abituato ai concerti nei piccoli club dove i musicisti salgono sul palco già mezzi sbronzi e dove la strumentazione funziona come la Bianchina di Fantozzi. Quello andato in scena al Mediolanum Forum è stato uno spettacolo riuscitissimo e che, indubbiamente, tutti i presenti ricorderanno negli anni a venire.