Call Of Duty WWII, ritorno alle origini – Recensione

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Call of Duty WWII abbandona le atmosfere future per tornare in uno degli storici teatri di guerra!

Negli ultimi anni, Call of Duty sembrava aver perso un qualcosa che stava rischiando di privare la serie del proprio DNA. L’averci portato in diverse epoche, passando al Vietnam ed infine alle guerre future, aveva trasformato questa saga bellica in un titolo privo delle caratteristiche che avevano reso grande i primi episodi. Come ha dimostrato Call of Duty WWII, arrivato il 3 novembre anche su Steam.

Sledgehammer deve aver intuito che qualcosa si era perso strada facendo, e incaricati di ridare un po’ di mordente alla saga di Call of Duty ha optato per quello che a tutti gli effetti è un ritorno alle origini. La scelta fatta nei capitolo precedenti di ricorrere ad esoscheletri e armi iper tecnologiche ha tolto ai giocatori quel senso di durezza dello scenario bellico che era la base dei primi episodi di Call fo Duty. Il ritorno ai teatri di guerra più cruetni e meno tecnologici corrisponde forse ad una voglia di colpire il giocatore maggiormente sul piano emotivo, eliminando tutto quel supporto hi-tech fantascientifico che, alla lunga, sembra rendere il gioco fin troppo facile.

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La scelta di portarci in scontri storici si colloca in un segmento di mercato che ha visto lo scorso anno EA scegliere la Prima Guerra Mondiale con Battlefield 1, presentato con una campagna pubblicitaria in cui veniva osannata la fedeltà storica, a conti fatti abbastanza disattesa. Call of Duty WWII non ha puntato ad una fedeltà storica assoluta e nemmeno ad illuderci di offrirla, ma ha giocato sulla sensazione dell’ambientazione, complice un pubblico ormai abituato al futuro e che vede questo ritorno alle origini, ironicamente, come un qualcosa di innovativo. Su cosa spingono Activision e Sledgehammer? Sulla guerra, nuda e cruda, sul sangue, le esplosioni, sull’istinto e sulla propria arma, che è un mero strumento di un soldato, limitata e da spremere sotto ogni aspetto per tornare vivi a casa.

La pressione emotiva di Call of Duty WWII è forse l’aspetto più seguito di questo titolo. Il soldato Daniels è un soldato, ma anche un uomo, ha una vita che è stata annullata dal conflitto, ma che lui disperamente rivuole. Si mescolano emozione, patriottismo, follia della guerra e voglia di sopravvivere. Call of Duty ha sempre vantato un impianto narrativo di alto livello per la campagna, e anche Call of Duty WWII vorrebbe sfruttare questo aspetto, ma la volontà non basta. Si cerca di attirare il giocatore in un simbolismo narrativo, di costruire una storia che purtroppo viene spezzata da un ritmo troppo blando, in cui le continue battaglie intervengono al momento sbagliato, quasi un collante messo forzatamente in determinati punti.

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Peccato, perché Call of Duty WWII ha anche degli spunti interessanti, che per mancanza di intraprendenza non sono stati sviluppati a sufficienza. Questo per trasmettere un senso di dinamismo ipercinetico all’azione, come da tradizione della saga. Sarebbe stato preferibile cercare un diverso equilibrio tra narrazione e azione, che gli inserimenti di scene d’intermezzo ansiogene o i timidi tentativi di brevi fasi stealth mal realizzate non riescono ad ottenere. La campagna single player di Call of Duty WWII, pur cercando di mostrare qualcosa di nuovo, rimane un semplice more of the same, più cinematografico e adrenalinico del solito, grazie all’avanzamento tecnologico, ma Sledgehammer ha perso l’occasione di offrire una narrazione più appassionata, di spessore.

Un simile approccio penalizza anche il single player, che deve adeguarsi a questi difetti, mentre dovrebbe essere il contrario. Le armi sono svariate ma mancano di caratterizzazione, i nemici sembrano dotati di un IA che si fatica a definire intelligenza, con una sensazione di strategia trasmessa solo dall’assenza della ricarica alla barra della vita, presente in precedenza. Call of Duty WWII sfrutta questa novità per spingere i giocatori a non correre come folli contro i nemici, ma a sfruttare trincee e ripari per studiare la situazione, mai realmente impegnativa, ma abbastanza coinvolgente grazie alla presenza dei nostri commilitoni, Zussman, Turner e Pierson, ognuno con il proprio ruolo.

Queste capacità avranno ovviamente un delay time, che potremo accorciare compiendo atti di eroismo che ridurranno l’attesa. Non è un’innovazione fenomenale, sia chiaro, ma ha il merito di tentare di svecchiare un gameplay che ultimamente era ripetitivo e stantio. Tutto questo, però, non ansconde i difetti di una campagna che avrebbe potuto essere più propositiva, se si fosse curata maggiormente la stesura della trama, dando maggior spessore ai nemici ottimizzando meglio la IA e soprattutto puntando a realizzare una storia più coinvolgente sul piano emozionale, e non un semplice compitino.

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Call of Duty WWII è carente in questi aspetti perché, forse, punta più a trasmettere la sensazione che sia necessario lottare assieme in guerra, puntando maggiormente al comparto multiplayer. La presenza degli Headquarters cerca di dare nuova caratura alle lobby di attesa, riuscendo in questo intento, rendendo l’attesa meno fastidiosa del passato, grazie ad una serie di piccoli espedienti (zona esplorabile, minigiochi).

La modalità multiplayer di Call Of Duty WWII è sicuramente più appassionante della campagna. La volontà di Sledgehammer di garantire un gioco equilibrato e divertente è evidente, ma inevitabilmente la continua presenza on line renderà i giocatori più abili l’ago della bilancia negli scontri. Tuttavia, la possibilità di cambiare la propria classe in caso di morte consente ai team di tentare di affrontare dinamicamente l’andamento degli scontri, reagendo tempestivamente a qualunque situazione si avveri nelle partite. Si tratta di un invito palese al gioco di squadra (esaltato maggiormente nella modalità War), con il quale Call Of Duty WWII tenta di dare al proprio comparto on line un maggior senso di appartenenza tra squadre. Intento lodevole, che deve essere però raccolto dai giocatori, spinti a rinuniciare ad un approccio egocentrico in favore di un più efficiente gioco di squadra. L’immancabile modalità zombie abbandona il tono a tratti irriverente e comico del passato per tornare ad un’ottica più splatter, macabra, in cui i diversi ruoli dei giocatori sono inseriti in modo adeguato.

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Call of Duty WWII è testimone della volontà di staccare con un filone narrativo futuristico che aveva iniziato da tempo a mostrare la propria debolezza. Sledgehammer ha tentato, in parte riuscendo, di presentare un nuovo corso per la saga di Call of Duty, svolgendo un lavoro migliore sul piano multiplayer che non nella campagna, dove permane un senso di incompiutezza per la carente attenzione in alcuni piccoli dettagli. Siamo comunque davanti ad una risalita nella qualità e nello spessore di una saga che vuole tornare ai fasti di un tempo, la strada pare essere quella giusta!