Designated Survivor: Idioti – Recensione

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Designated Survivor si ispira a fatti reali, ma Kirkman sembra perdere fascino

Diventa difficile con certi serial trovare un confine tra finzione e realtà. L’ispirazione di fatti reali rimane sempre un ottimo modo per coinvolgere lo spettatore, e gli showrunner di Designated Survivor sembrano aver ben chiara questa regola aurea. E siamo onesti, di spunti la recente amministrazione Trump ne può dare a bizzeffe!

Quest’estate, se ricordate, si era scatenato un putiferio per certe dichiarazioni di Trump, che hanno reso l’inquilino della Casa Bianca inviso a gran parte della stampa e ad una bella schiera di americani. Partendo da questa debacle presidenziale, con Idioti vediamo questa insidia politica abbattersi su Kirkman, ancora una volta alle prese con il dilemma tra morale e opportunismo politico.

Pur di ottenere il sostegno necessario per far passare un progetto pensionistico inviso alla classe politica, Kirkman durante una partita amichevole di hockey sul ghiaccio si apre con un senatore che ritiene un alleato, lasciandosi andare ad un commento facilmente travisabile se strumentalizzato a dovere, in cui sembra che il Presidente dia degli idioti agli americani.

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Ora, come prevedibile, questa frase viene usata contro Kirkman, giusto per dare un po’ di tensione alla situazione. Ma è una sorpresa? Dopo i primi episodi, Designated Survivor sembra voler puntare troppo sull’ingenuità di Kirkman. Se all’inizio questo lato idealista del Presidente era interessante e appassionante, a lungo andare questa sua prevedibilità rischia di essere controproducente. Dopo due stagioni in cui abbiamo visto Kirkman farsi le ossa in una delle peggiori ere di Washington, e venire manipolato in modo simile nello scorso episodio, vederlo ancora cascare nei tranelli di base dei giochi politici sembra stucchevole.

L’intento è quello solito di far trasparire il lato umano e morale del potere, incarnato dai saldi principi di Kirkman. Il tema della serie è contrapporre proprio questa indole onorevole di Kirkman con le bassezze del mondo politico di Washington, spesso mettendo il Presidente in contrasto con i suoi stessi consiglieri, più disposti a mettersi a combattere ad armi pari con i maestri del sotterfugio politico.

Idioti mette in mostra ancora una volta questo lato ingenuo, ed anche un filo fastidioso, di Kirkman. Il rapporto con la stampa che chiede spiegazioni, il suo tenersi inizialmente in disparte nella bagarre seguita alla sua dichiarazione travisata sono segnali forti per identificare il personaggio, ma ottengono il risultato di presentarlo quasi come un inetto. A poco serve il volere dare a Kirkman la figura di statista moralmente solido, visto come lo sforzo degli sceneggiatori si limita a seguire un canovaccio ormai ripetitivo e previdibile. La sola varietà è nel modo in cui si alternino i commenti e le azioni dei collaboratori di Kirkman, spesso vera forza motrice delle operazioni in seno alla Casa Bianca. Ma Designated Survivor sta iniziando a patire questa copia di trame strutturalmente identiche, oramai prevedibili e che poco offrono di nuovo agli spettatori.

Nell’episodio in questione, il pathos narrativo si concentra maggiormente sul procedimento intentato contro la madra di Alexandra Kirkman, all’interno dell’indagine sulla cospirazione di Lloyd. L’ansia e il trasporto di Alex rischiano di compromettere l’operato dell’avvocato della Casa Bianca Kendra Daynes, personaggio estremamente interessante e che tiene testa alla first lady in modo convincente.

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Come sempre, non manca un lato più thriller, con protagonista sempre Anna Wells. In questo episodio, per la prima volta, questa linea narrativa di Designated Survivor divente il vero punto di forza, dovendo indagare sulla morte di una dignitaria inglese, uccisa in previsione del G20 di Washington. L’indagine e il depistaggio sulla morte del delegato britannico sembrano discostarsi dalla trama principale del complotto, ma ho come l’impressione che non tutto sia così privo di legami.

Rimane il fatto che, nonostante il valore della linea narrativa dedicato alla Wells, Designated Survivor si sta lievemente perdendo in una volontà di dipingere Kirkman a tutti i costi come un’idealista, con il risultato che inizia a insinuarsi il dubbio che sia più un fortunato ingenuo che non un vero statista.