Daredevil 18: Il teorema del diavolo – Recensione

Daredevil finalmente spiega il segreto che ha tenuto i lettori in sospeso per tanti mesi

Abbiamo atteso questo momento dall’inizio della nuova serie di Daredevil guidata da Soule, e Il teorema del diavolo è la risposta all’interrogativo che da diciotto numeri ci portiamo dietro: perché nessuno si ricorda dell’identità segreta di Daredevil?

Porpora è l’arco narrativo che si conclude in questo numero e che ci ha riportati indietro di parecchi mesi, al periodo in cui Matt Murdock era in crisi a causa della rivelazione sulla sua identità segreta. Nel primo numero di settembre di Daredevil, Nelle grinfie di Killgrave, abbiamo visto come Matt abbia affrontato la sua paura più grande, il non poter impedire al caos di distruggere l’ordine, l’essere impotente.

In pratica, essere chi è ora, visto che il suo doppio ruolo è ormai pubblico, ed impedisce sia la sua carriera di avvocato che quella di supereroe. Ed è questo il motivo per cui Matt è in crisi, mentre vive una nuova esistenza a San Francisco con la sua Kirsten. Ma potendo scegliere, tornerebbe a poter esser Daredevil?

I bambini porpora, come ringraziamento per averli salvati, scelgono di cancellare dalla mente di tutti la conoscenza della doppia identità di Matt, lasciando a lui la scelta di chi debba ricordare questo segreto. Si tratta di una buona occasione per Murdock di riprendere in mano la propria vita, di poter tornare ad essere avvocato e giustiziere, di essere nuovamente Matt e Daredevil, senza intralcio.

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Soule sceglie di mostrare al lettore un turning point essenziale per l’esistenza di Matt. LA scelta di Murdock di non tradire il proprio segreto con Kirsten diventa il terribile peso che lo ha piagato in questi mesi, cui si aggiunge l’avere rivelato nuovamente a Foggy Nelson chi lui sia realmente. Il nocciolo del problema, come giustamente rileva padre Jordan, è che Matt si sente in colpa per aver scelto il proprio ruolo di Diavolo Custode all’amore di Kirsten. Non ha voluto metterla in pericolo rivelandole la sua identità (vecchie ferite lo hanno fermato), ma non ha saputo fare a meno del suo ruolo.

Il percorso finora svolto da Soule ha motivato questa scelta, con questo viaggio indietro nel tempo finalmente anche noi abbiamo scoperto quali siano state le scelte che hanno cambiato così radicalmente il mondo di Matt. Soule ha costruito una storia solida, fedele all’animo del personaggio, aprendo sul finale ad una nuova volontà di Daredevil, finalmente in grado di gestrire il suo doppio ruolo.

Porpora ha giovato molto nel venire disegnato da Ron Garney, che ha saputo rendere al meglio le tensioni di Matt sia nelle espressioni che nelle sue movenze. La scena in cui Daredevil si accanisce sui criminali, il suo ostinarsi al farsi chiamare col suo nome sono intense, cupe e drammatiche, esprimono al meglio la fatica di un uomo che cerca di ritrovare la propria rotta. E i colori di Milla danno il tocco finale, specie nella sezione citata, in cui i giochi di ombre esaltano il contesto emotivo.

Il prossimo mese vedremo quale sia il piano che Matt, in veste di assistente procuratore, propone per combattere più efficacemente il crimine, ma soprattutto potremmo scoprire l’origine del suo nuovo costume!

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Leggendo la storia del Punitore, questo mese è impossibile non farsi prendere dalla malinconia. I disegni che vediamo, infatti, sono gli ultimi realizzati da Steve Dillon prima della sua morte, lo scorso ottobre. Alcune delle saghe più interessanti di Frank Castle degli ultimi dieci anni sono state disegnate proprio da Dillon, che con questa storia scritta da Becky Coonan era tornato a disegnare il Punisher.

In fine della pista il suo tratto ancora una volta ha reso giustizia alla violenza tipica di Castle, anche se il suo erede Matt Horak ha preso le redini dei disegni in modo adeguato, mantenendo il suo approccio dinamico e arricchendolo di alcuni dettagli minori che Dillon non aveva usato.

Il risultato è un numero in cui violenza e sangue non mancano, con una spettacolare rissa da bar che sembra tirare fuori il meglio della vena artistica di Dillon e Horak.

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Nello scorso numero si è conclusa (per mia gioia estrema) la serie dedicata a Power Man e Iron Fist. Il vuoto lasciato viene colmato da un arco narrativo dedicato al solo Danny Rand, , curata da Ed Brisson e disegnata da Mike Perkins. Dopo aver visto uno scadente Iron Fist nel recente serial di Netflix The Defenders e averlo quasi odiato nelle sue scorribande con Cage, questo primo appuntamento mi ha decisamente colpito. Danny è sempre Iron Fist, ma sembra perduto senza più K’un-Lun a fargli da faro, incapace ora anche di concentrare il suo chi per evocare l’Iron Fist.

La difficoltà di Danny è resa in modo ottimo non solo dalla trama di Brisson, ma soprattutto dai disegni di Perkins. Non sono solo le espressioni di Danny, ma anche le sue movenze nei combattimenti sono accattivanti, espressive. Se a questo uniamo i colori di Andy Troy abbiamo tutti gli ingredienti per una serie che promette di mostrare il vero Iron Fist. Il finale di questo primo appuntamento ci lascia con Danny che raggiunge un’isola misteriosa in cui lottatori si scontreranno per trovare il miglior combattente. L’occasione giusta per Danny per ritrovare il proprio equilibrio e riuscire a evocare il suo chi.

In conclusione il capitolo finale della run sulla Mano e la storia delle diverse vite dell’arma definitiva della terribile setta di assassini. Dal prossimo mese si torna al formato delle tre storie, con protagonisti Daredevil alla prese con un suo piano per combattere il crimine, il Punitore contro gli uomini di Condor e Iron Fist che affronta il torneo! Appuntamento al 5 ottobre