Dragonero 52: Silenzio bianco – Recensione

Dragonero a settembre mostra Ian e Gmor impegnati in una pericolosa missione tra i ghiacci!

Bentornati, avventurieri dell’Erondar. Reduci da due numeri altamente spettacolari (La vendetta e L’inferno senza luce), non abbiamo il tempo di riprenderci dalle forte emozioni vissute che il nostro Ian ci invita a seguirlo in una doppia storia, punto nodale per entrare nell’autunno che finalmente porterà Dragonero a vivere la tanto attesa Saga delle Regine Nere.

Silenzio Bianco è il primo passo di questo viaggio che porta Ian al Nord, in una missione che vede una nostra vecchia conoscenza, gli Algenti, diventare un pericolo per il già fragile Impero, rendendo necessario l’intervento di Ian per scoprire quale sia la vera minaccia.

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La sceneggiatura di Luca Enoch si muove in modo preciso e ben orchestrato all’interno della macrotrama di Dragonero. Silenzio bianco rappresenta, a mio avviso, una chiara dimostrazione dei punti di forza di questa serie, che sta mostrando di albo in albo un processo di crescita costante.

Il rispetto del personaggio principale e delle interazioni coi suoi alleati è sicuramente un dato emblematico, che spesso viene dimenticato. Prima ho fatto riferimento a due storie che hanno giocato molto bene sui mutamenti caratteriali di Ian (in particolare L’inferno senza luce) che in queste avventure hanno fatto crescere il personaggio principale della saga. In questo albo sembra di rivedere il caro vecchio Ian, più sereno in certi frangenti, ma sappiamo che l’oscurità percepita nei mesi scorsi è ancora lì che attende di uscire.

Enoch è un maestro nel raccontare storie, questo non devo certo dirlo io. Il suo modo di presentare cambi di scena, saltare da una linea narrativa all’altra è sempre una gioia per il lettore, che si trova a seguire un’avventura fantasy di prim’ordine raccontata con un taglio unico, appassionante. L’introduzione di un personaggio come Uqa’lik è vincente, il vecchio scout è divertente e ben inserito nelle dinamiche della missione di Ian, oltre ad esser motivo di alcune divertenti gag che sono infilate con rispetto dei tempi narrativi della trama.

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Silenzio bianco è un albo intrigante e ben strutturato, ed in questo aiutano i citati punti di forza.

In primis, la costruzione del mondo in cui si muove Ian. Dragonero, fin dalla sua prima apparizione, ha avuto il merito di curare in modo incredibile l’aspetto socio-culturale dell’Erondar. Silenzio bianco non fa eccezione, ma anzi diventa un chiaro esempio di questa attenzione.

Creare una società come quella dei Siku’kikkuth è stato uno sforzo che immagino abbia richiesto un certo impegno. Pur basandosi sui ‘reali’ Inuit, la struttura sociale e le figure chiave di una popolazione ancora tribale sono ricreate in modo convincente, con una religione basata sul culto dei morti che ha una sua solidità proprio perché legata alle abitudini ed all’ambiente in cui vive questa gente. Scoprire i metodi di caccia di questa popolazione, le tradizioni e il loro forte legame con gli avi è stato un piacere, l’ennesimo tassello che compone un appassionante mosaico chiamato Erondar.

Stesso rispetto merita il saper considerare degli aspetti che solitamente noi lettori trascuriamo, ma che analizzando meglio dobbiamo ammettere sono segni di una ricerca approfondita del team di Dragonero. Prendete gli ‘occhiali‘ che i protagonisti indossano in alcune scene, credo siano stati inseriti per proteggere gli occhi dal forte riverbero dei ghiacci (non a caso l’unico a non indossarli è il nostro Gmor). Vietti ed Enoch ad oggi hanno sempre cercato di non limitarsi a focalizzarsi sui ‘soli’ personaggi, ma hanno arricchito Dragonero con una serie di piccoli dettagli che rendono sempre più reale e credibile il loro mondo.

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Dragonero a tutto questo valore ha sempre aggiunto una scelta impeccabile nei disegnatori. Silenzio bianco si affida alle mani di Gianluigi Gregorini, e noi lettori non possiamo che ne esserne più che lieti.

Gregorini non sbaglia una tavola, ogni sua vignetta racchiude in pieno lo spirito della serie, venendo arricchita di dettagli incredibili. Personalmente sono stato colpito dalla cura con cui realizza i primi piani durante la sequenza del bagno (capirete leggendo), in cui l’uso dell’acqua sui volti dei personaggi è realistico (in particolare sulle barbe). Sulle inquadrature più ampie dei paesaggi e nelle scene di azione più affollate, Gregorini spinge sull’acceleratore e realizza anche delle tavole a doppia pagina che, per il limite inevitabile del formato, esprimono in modo non completo il proprio potenziale, ma che sanno deliziare ugualmente l’occhio del lettore!

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Giuseppe Matteoni firma come sempre la copertina con una tavola di sicuro impatto, mentre al lettering il nome di Marina Sanfelice continua ad essere una gradita e apprezzata presenza.

Prima di salutare Ian in attesa della seconda parte di questa storia (La furia degli Algenti, 10 ottobre), come fa Luca Barbieri nel suo Cronache dell’Erondar vi ricordo anche io l’uscita del terzo volume di Dragonero, Minaccia all’Impero, che dal 21 settembre ripropone una storia doppia (Intrighi a corte e Discesa nell’Inframondo), a cui Luca Enoch aggiunge un’inedita storia breve legata a questa narrazione ma che potrebbe riservare una sorpresa!

Ricordate: Diverso è il passo, uguale è il cuore.