Spider-man: Homecoming – Recensione

Manuel Enrico Di Manuel Enrico 9 Min di lettura

Spider-man: Homecoming mostra la crescita di Peter Parker, il passaggio da ragazzino a membro di un mondo in cui responsabilità e sacrificio sono all’ordine del giorno

Quando Spider-man apparve nel trailer di Captain America: Civil War tutti gli appassionati furono subito rapiti ed entusiasti, finché vedendolo nel vivo dell’azione non sono letteralmente esplosi. Certo, il poco minutaggio a disposizione del Tessiragnatele è servito proprio ad ingolosire gli appassionati e a riportare Peter Parker sotto il (parziale) controllo della Disney, inserendolo nel suo MCU. Questo primo passo, oltre a farci intuire quanto Tom Holland potesse dare al mito di Spider-man, è stato il lancio per Spider-man: Homecoming, arrivato con successo al cinema in questi giorni.

L’attesa per questa ennesima incarnazione di Peter Parker è stata decisamente alta, anche perché un conto inserire il personaggio in un film corale, un altro è strutturare un’intera pellicola sulla figura di Spider-man.

Jon Watts ha avuto il compito rischioso di inserire il mito dell’Arrampicamuri all’interno del MCU, una missione che, ve lo dico subito, ha adempiuto in pieno regalandoci il miglior film di Spider-man visto finora e, credo, la pellicola più divertente e meglio riuscita di questa fase del MCU.

Spider-Man: Homecoming
In Spider-man: Homecoming non mancano scene leggere

La storia inizia con la Battaglia di New York, o meglio con le conseguenze dello scontro con i Chitauri. Il comune di New York appalta alla ditta di Adrian Toomes (Michael Keaton) lo sgombro dei detriti, almeno fino a che un’agenzia creata in collaborazione con Tony Stark, la Damage Control, non rileva l’attività di Toomes, rovinandolo. L’impresario, convinto che sia un’ingiustizia, decide di mettere a frutto i pochi artefatti chitauri in suo possesso per trasformarsi un mercante di armi per supercriminali, sfruttando l’ingegnosità di un suo dipendente, Mason.

Stacco, e ci ritroviamo nell’altra dimensione del film, quella più scanzonata tipica del mito di Spider-Man. Assistiamo ad un point of view di Peter Parker sugli eventi visti in Captain America: Civil War, raccontati con un taglio e una libertà che sono lo specchio perfetto di come potrebbe vivere un quindicenne questo improvviso cambio di vita.

Spider-Man: Homecoming
Spider-Man: Homecoming ha subito fatto comprendere il tono della pellicola

Da sempre, uno dei temi più appassionanti del primo periodo di Spider-man è stato il suo conciliare poteri ed adolescenza, il senso di voler cambiare il mondo unito al poter di farlo. Vedere Peter cercare di adeguarsi a questa nuova condizione, il suo volersi mettere in gioco con i grossi calibri è divertente, crea un forte senso di unione tra personaggio e spettatore, un espediente che aiuta a mantenere leggero il tono del film in questa fase. Sono però i momenti di introspezione, quelli in cui Peter si interroga sulla sua persona e il suo ruolo ad arricchire il film, a rendere il personaggio complesso e incredibilmente reale. Peter Parker ha comunque quindici anni, ha più buona volontà che capacità, e soprattutto una foga di mettersi in gioco che rischia di fargli fare il passo pi lungo della gamba.

Spider-man: Homecoming è studiato in modo da mostrare una progressiva crescita di Peter Parker, che non risparmia al giovane una serie di problematiche che mettono a dura prova il suo carattere. Finalmente vediamo Peter preso di punto dal bullo di turno (un Flash Thompson inusuale ma ben caratterizzato), decisamente nerd e abbastanza impacciato con l’altro sesso. C’è una chiave di lettura per questo film, la sola per un film di Spider-man, che mostra la vera dimensione di Peter: da grandi poteri, derivano grandi responsabilità.

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In Spider-man: Homecoming risulta arricchito anche il personaggio di Tony Stark

Nel momento in cui Peter inizia a vivere la sua vita in modo normale, rinunciando forzatamente alla sua presunta doppia identità, sembra che finalmente il giovane possa sentirsi sereno, ottenere i propri risultati. Ma è un inganno, perché Peter non deve indossare la maschera per essere Spider-man. E pensare che questa lezione viene impartita dal meno serio degli Avengers, ossia Iron Man, è quasi divertente.

Ecco, Iron Man e Spider-man. Onestamente avevo paura che la presenza di Tony Stark (Robert Downey Jr.) potesse offuscare Tom Holland, invece le discrete apparizioni del miliardario esaltano la personalità di Peter Parker. Di riflesso, ne risulta arricchito anche Tony Stark, che sembra imporsi quel ruolo di mentore, quasi una figura paterna per Peter, nel tentativo di preservare il cuore puro del ragazzo. Robert Downey Jr è perfetto, ormai indiscutibilmente Tony Stark, e in questo film mostra ancora una volta quanto anche una sua minima presenza sia centrale per l’MCU.

Ma ogni eroe necessita di un villain. Michael Keaton è semplicemente sublime, se sullo schermo c’è lui gli altri svaniscono. Il suo Avvoltoio è magistrale,  espressivo, letale, riesce a creare un’atmosfera di pericolo solo con la sua presenza; il talento di Keaton non è una novità, ma vederlo alle prese con un villain considerato minore (scelta che Watts vorrebbe sfruttare anche in un eventuale secondo capitolo) e renderlo così potente gratifica gli occhi ed colpisce duro.

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Micheal Keaton è un meraviglioso Avvoltoio in Spider-man: Homecoming

In una scena si assiste ad un gioco di sguardi tra Keaton e Holland in cui si concentra tutto il pathos del film. Fino a quel momento si poteva prendere le cose con una certa leggerezza, ma da quel momento tutto cambia, si passa ad un livello superiore. In questo frangente non bisogna gratificare solo la performance di Keaton, ma anche quella di Holland, che nonostante la giovane età riesce a reggere questo duetto con bravura e credibilità.

Spider-man: Homecoming riesce in ogni momento a mostrare un diverso aspetto del mito del Tessiragnatele. Ricostruisce perfettamente la sua dimensione urbana, i primi passi in quella comunità metaumana in cui da outisder fatica ad integrarsi e soprattutto alterna in modo ottimo divertimento e serietà, con punti di dramma che sono picchi emotivi fondamentali sia per il personaggio che per lo spettatore.

In Spider-Man: Homecoming Peter Parker affronta un duro percorso personale

Non mancano i richiami al mito fumettistico, sai per il design del costume (classico alla Ditko, come in precedenza), che nei personaggi secondari. Shocker compare in ben due versioni, mentre il Mason che crea le armi per Toomes dovrebbe essere nientemeno che Phineas Mason, ovvero il Riparatore, storica nemesi di Spider-man, l’armaiolo dei supercriminali.

Spider-man: Homecoming è il film di Spider-man che aspettavamo da anni, lo mostra in una chiave nuova eppure fedele all’anima cartacea del personaggio. Spero solo che questo primo passo, questo ritorno a casa, non rimanga un caso isolata, ma che sia la dimostrazione di come un controllo più organico delle diverse figure del Marvel Universe (anche tramite collaborazioni) possa regalare a noi appassionati delle pellicole in grado di emozionare. E poi, voglio vedere un’altra scena post credit come quella con… sorpresa!

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