Rogue One: A Star Wars Story – La recensione senza spoiler

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Rogue One: A Star Wars Story – La recensione

Avete presente quei film di cui pensi “è solo uno spin-off, non sarà mai all’altezza della serie principale” e dopo averli visti devi necessariamente ricrederti? Ecco, questo è ciò che mi è successo con Rogue One: A Star Wars Story, primo film della collezione Star Wars Anthology.

Il film, diretto da Gareth Edwards, dà il via ad una serie di pellicole incentrate su determinati personaggi o storie dell’universo Star Wars. Un inizio col botto, direi.

Ovviamente, oltre ad avere dei pregi, questo film ha alcuni difetti (e non poco importanti). Scopriamolo bene nel dettaglio con la recensione di Rogue One: A Star Wars Story. State tranquilli, NO SPOILER.

Nome in codice: Rogue One Uno

Lo schermo si fa nero. Appare, con il suo solito colore celeste chiaro/spento, la famosa scritta “Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana….”. Bene, sta per iniziare un nuovo Star Wars! Così ti prepari e sei già pronto all’infarto/sordità causati dal classico inizio della celebre colonna sonora ma…niente. Nessuna traccia anche del titolo a scorrimento. E così ti accorgi che sì, hanno voluto far capire che stai guardando qualcosa di nuovo e diverso.

Il film inizia con una piccola Jyn Erso (Felicity Jones) insieme ai propri genitori, GalenLyra, visibilmente preoccupati. Infatti, il Direttore Imperiale Krennic costringerà Galen Erso a lasciare la propria famiglia e completare la progettazione di una stazione spaziale in grado di distruggere interi pianeti, la Morte Nera. Un salto temporale di quindici anni ci mostra una Jin adulta, che si unisce all’Allenza Ribelle. Insieme all’ufficiale Cassian Andor (Diego Luna) e al droide K-2SO, la ragazza parte per incontrare l’estremista ribelle Saw Gerrera (Forest Whitaker), che avrà un importante messaggio da mostrarle. Il gruppetto di ribelli, a cui si aggiungono un monaco cieco, Chirrut Îmwe (Donnie Yen), il guerriero Baze Malbus (Jiang Wen) e il pilota Bodhi Rook (Riz Ahmed), recluta alcuni uomini dell’Alleanza e decide di organizzare una missione segreta sul pianeta Scarif, al fine di rubare i piani di progettazione della Morte Nera. Il loro nome in codice è “Rogue Uno” (forse era meglio evitarne la traduzione?).

grande spoiler su Rogue One

 Brevi storie tristi, la storia si ripete

I bambini protagonisti dell’universo Star Wars hanno sempre problemi di famiglia. Come dimenticare le tristi vicende del piccolo Anakin, il terribile destino di due neonati (Luke e Leila) subito orfani di madre e, praticamente anche di padre, oppure la ribellione oscura del giovane Kylo Ren, frutto dell’amore tra LeilaHan Solo? Beh, bonjour tristesse solo nella serie principale? Magari, nello spin-off vorranno proporre qualcosa di diverso. E invece no! Anche la povera piccola Jin dovrà iniziare la propria storia in modo triste e strappalacrime.

“Fare, o non fare! Non c’è provare!” cit. Yoda

I personaggi di questa storia hanno fatto, eccome se hanno fatto! Non aspettatevi scene statiche, romanticherie o scene drammatiche lunghe secoli. Per la fortuna degli appassionati degli Star Wars vecchio stile, questo spin-off ha molto da offrire in combattimenti, agguati, piani strategici dinamici. Buone le interpretazioni degli attori Felicity Jones (Jin) e Diego Luna (ufficiale Cassian Andor), deliziosi e simpatici i battibecchi tra la giovane Erso e il droide K-2SO. Quasi assente il personaggio interpretato da Riz Ahmed (Bodhi), forse avrebbe potuto fare qualcosa in più. Divertenti e più saggi i ruoli assegnati a Donnie Yen (monaco cieco) e Jiang Wen (il guerriero), ai quali vi affezionerete subito. Buona anche l’interpretazione di Ben Mendelsohn (Direttore Imperiale Krennic), bravo al punto da farsi odiare immediatamente. I ruoli secondari impersonati da Mads Mikkelsen (Galen Erso) e Forest Whitaker (Saw Gerrera) fungono da collante tra le avventure dei ribelli, influenti ma a brevi spot. Non manca la comparsa di personaggi già visti in altri episodi, la CGI ha fatto il proprio dovere.

 L’Alba della Morte Nera

Come abbiamo visto prima, lo scienziato Galen Erso contribuisce a completare la costruzione della Morte Nera, la gigantesca stazione da battaglia imperiale che abbiamo modo di vedere in varie scene e anche in azione. E se c’è la Morte Nera, c’è anche Darth Vader, in piena forma e oscuro quanto basta per far rabbrividire tutti. Lo spoiler della sua presenza nel trailer, forse, aveva il compito di attirare l’attenzione; ma non sarebbe stato più bello trovarselo così all’improvviso e rimanere a bocca aperta? Dopotutto, questo spin-off è l’anello di congiunzione tra due film della saga, La vendetta dei SithUna nuova speranza, rispettivamente il terzo e il quarto episodio della serie principale. Quindi la presenza di Darth Vader era quasi inevitabile.

Rogue One

E la musica? Dov’è?

Se c’è una cosa in cui questo spin-off ha davvero toppato, questa è la musica. La colonna sonora del film è composta da Michael Giacchino, che purtroppo non è riuscito ad essere all’altezza di John Williams, l’autore nelle precedenti pellicole. In questo film, le musiche tendono allo stile di Williams, ma non riescono a trasmettere le stesse emozioni forti. Sembrano quasi “timide”, rimangono decisamente in secondo piano.

Rogue One: A Star Wars Story è un bel film, che non ha niente a che fare con il settimo episodio della saga (criticato perché troppo “manipolato” dalla Disney), ma è molto vicino agli episodi quattro, cinque e sei; una sorta di ritorno alle origini.

Anche voi avete avuto questa impressione sul film? Ha soddisfatto le vostre aspettative? Fatecelo sapere con un commento qui sotto.